L’art.1, c. 13 del DDL Bilancio 2018, nel testo approvato dal Senato della Repubblica del 30 novembre 2017 (ora all’esame della Camera dei Deputati) modifica l’art. 51, c. 2 del TUIR, inserendo la lettera d-bis) relativa ai c.d. buoni TPL e ampliando così i flexible benefit che possono essere inseriti nei piani di welfare aziendale.

In sostanza, secondo la nuova disposizione, non concorrono a formare il reddito di lavoro dipendente anche le somme erogate o rimborsate alla generalità o a categorie di dipendenti dal datore di lavoro o le spese da quest’ultimo direttamente sostenute, volontariamente o in conformità a disposizioni di contratto, di accordo o di regolamento aziendale, per l’acquisto degli abbonamenti per il trasporto pubblico locale, regionale e interregionale del dipendente e dei familiari indicati nell’articolo 12 che si trovano nelle condizioni previste nel comma 2 del medesimo articolo 12.

Quindi, affinché possano fruire del beneficio fiscale riconosciuto dall’art. 51 del TUIR, le spese relative agli abbonamenti per il trasporto pubblico locale, regionale e interregionale devono riguardare la generalità dei dipendenti oppure categorie di dipendenti.

Inoltre il datore di lavoro può sostenere le citate spese di trasporto pubblico dei dipendenti volontariamente oppure inserirle in contratti, accordi o regolamenti aziendali.

E’ bene però ricordare che l’istituzione volontaria di questo benefit comporta una limitazione delle deducibilità dai costi aziendali. Infatti, come ricordato dall’Agenzia delle entrate, con la circolare 28/2016, in questo caso opera il limite del cinque per mille. La deducibilità sarà invece integrale in caso di istituzione del benefit con contratto, accordo o regolamento aziendale.

Il datore di lavoro può pagare il costo dell’abbonamento direttamente all’azienda di trasporto pubblico oppure può rimborsare le somme al lavoratore previa esibizione di fattura o ricevuta.

L’altro aspetto interessante della norma è che titolare dell’abbonamento per il trasporto pubblico può essere non solo il dipendente, ma anche un suo familiare.

A tal proposito la lettera d-bis) richiama l’art. 12 del TUIR che fa riferimento al coniuge non legalmente ed effettivamente separato, ai figli, compresi i figli naturali riconosciuti, i figli adottivi o affidati e ogni altra persona indicata nell’articolo 433 del codice civile che conviva con il contribuente o percepisca assegni alimentari non risultanti da provvedimenti dell’autorità giudiziaria.

I familiari però devono possedere un reddito complessivo, computando anche le retribuzioni corrisposte da enti e organismi internazionali, rappresentanze diplomatiche e consolari e missioni, nonché quelle corrisposte dalla Santa Sede, dagli enti gestiti direttamente da essa e dagli enti centrali della Chiesa cattolica, non superiore a 2.840,51 euro, al lordo degli oneri deducibili.