La presenza di tracce di microplastiche all’interno del cibo che consumiamo, in particolare pesce e crostacei, è nota e affermata da studi come quello pubblicato da ENEA e Cnr nel 2023, che aveva dimostrato come questo contaminante si trasferiva all’interno della catena alimentare di piccoli crostacei e pesci di acqua dolce, finendo per depositarsi nei muscoli di quest’ultimi.

Vediamo insieme qual è attualmente l’impatto sull’ambiente e i possibili effetti sulla salute di queste particelle.

Di cosa si tratta

Le microplastiche, termine utilizzato per la prima volta nel 2004 in uno studio dell’Università di Plymouth, sono minuscoli pezzi di plastica non biodegradabile, di dimensioni inferiori ai 5 millimetri; parliamo di nanoplastiche quando sono più piccole di 100 nm.

Provengono dai rifiuti plastici gettati nell’ambiente, di cui si stima che finiscano in mare più di 8 milioni di tonnellate e circo 10 milioni di tonnellate in ambiente terrestre all’anno. Le quantità sono impressionanti anche per riguardano moltissimi prodotti di uso comune, come:

  • confezioni alimentari;
  • bottiglie;
  • vernici;
  • tessuti sintetici;
  • apparecchiature elettriche;
  • prodotti per la cura della persona.

A seconda della loro formazione, si può parlare di:

microplastiche primarie, quando vengono rilasciate direttamente nell’ambiente sotto forma di minuscole particelle, ad esempio nel caso di ciò che deriva dal lavaggio di capi sintetici o i frammenti aggiunti a prodotti per la cura del corpo;

microplastiche secondarie, quando derivano dalla degradazione di oggetti di plastica più grandi, come buste di plastica, contenitori. La maggior parte delle microplastiche presenti negli oceani hanno questa origine.

Un mare di plastica

Un recente studio dell’Ifremer, istituto francese che si occupa di ricerca scientifica e tecnologica in ambito marino, ha stimato che la quantità di microplastiche presenti negli oceani siano anche fino a 5 volte superiori di quanto considerato in precedenza. In dettaglio, l’istituto valuta che sulla superficie degli oceani ci siano circa 24,4 miliardi di particelle, pari a un peso che totale che potrebbe superare le 500.000 tonnellate. Questo incremento delle stime è dovuto soprattutto al maggiore numero di campioni prelevati e studiati.

Una minaccia per la salute

Partendo dalla ricerca sulla fauna, alcuni studi sembrano rivelare effetti tossici sulla salute degli organismi che ingeriscono accidentalmente le microplastiche. Ad esempio, causano il blocco digestivo nei molluschi, ma pare abbiano anche effetti dannosi sul DNA.

E sull’uomo?

Gli studi sugli effetti sulla salute dell’uomo sono ancora in corso, ma si ipotizza effetti sul genoma simili a quelli osservati sugli organismi marini.

Ciò che è certo, è che le microplastiche derivano da prodotti che contengono additivi chimici pericolosi, potenzialmente dannosi per l’uomo, come gli ftalati. Inoltre, le microplastiche sono in grado di trasportare agenti patogeni e batteri, costituendo un ulteriore rischio per la salute di chi li ingerisce.

Conclusioni

Anche se gli effetti sull’uomo non sono certi, appare urgente prevenire l’accumulo di tali contaminanti limitando l’uso dei prodotti da cui derivano e migliorando lo smaltimento e il riciclo degli stessi. Vanno in questa direzione il Regolamento (UE) 2023/2055 della Commissione del 25 settembre 2023 sulle restrizioni all’uso delle microplastiche, che però interviene solo sulle microplastiche primarie, quelle meno diffuse, e il più recente regolamento approvato ad aprile 2024 sugli imballaggi in plastica.

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