La Corte di Cassazione, con la sentenza 25/09/2013 n.21910, ha deciso che la procedura di mobilità ex lege 223/1991 deve ritenersi regolare ed i licenziamenti legittimi, anche se la consultazione sindacale è avvenuta soltanto con le RSU senza coinvolgere la CIGL, la CISL e la UIL presenti in azienda.
La Suprema Corte è giunta a questa conclusione partendo dal fatto che l’accordo del 23/07/1993 ha disposto che le organizzazioni firmatarie o quelle che ad esso aderiscono successivamente, acquistino il diritto di promuovere la formazione delle RSU e di partecipare alle relative elezioni, rinunziando così alla costituzione di proprie RSA. La stessa intesa ha inoltre previsto che le RSU subentrino alle RSA nella titolarità dei diritti, dei permessi e libertà sindacali nonché nella titolarità dei poteri e nell’esercizio delle funzioni attribuite dalla legge.
Il referendum abrogativo dell’11/07/1995 sull’art. 19 dello Statuto dei lavoratori ha complicato però le cose dato che il risultato è stato che le rappresentanze sindacali aziendali possono essere costituite ad iniziativa dei lavoratori in ogni unità produttiva solo nell’ambito delle associazioni che sono firmatarie di contratti collettivi di lavoro applicati nell’unità produttiva.
Parte della dottrina in ogni caso ritiene che la predetta abrogazione referendaria ha allargato le maglie selettive attraverso le quali misurare la legittimazione delle organizzazioni ad esercitare le loro prerogative nelle diverse unità produttive.
In sostanza la rappresentatività utile per l’acquisto dei diritti sindacali nell’azienda viene ad essere condizionata unicamente da un dato empirico di effettività dell’azione sindacale concretizzantesi nella stipula di qualsiasi contratto collettivo (nazionale, provinciale o aziendale) applicato all’unità produttiva. Criterio questo che ha superato lo scrutinio di legittimità costituzionale (con riferimento agli artt. 3 e 39 Cost.) sul rilievo che "l'esigenza di oggettività del criterio legale di selezione comporta un’interpretazione rigorosa della fattispecie dell'art. 19 St. Lav. tale da far coincidere il criterio con la capacità del sindacato di imporsi al datore di lavoro direttamente o attraverso la sua associazione, come controparte contrattuale".
Ne consegue che non è "sufficiente la mera adesione formale a un contratto negoziato da altri sindacati, ma occorre una partecipazione attiva al processo di formazione del contratto" e "nemmeno è sufficiente la stipulazione di un contratto qualsiasi, ma deve trattarsi di un contratto normativo che regoli in modo organico i rapporti di lavoro, almeno per un settore o un istituto importante della loro disciplina, anche in via integrativa, a livello aziendale, di un contratto nazionale provinciale già applicato nella stessa unità produttiva".
Da tutta questa ricostruzione ne discende che ben possono le rappresentanze sindacali aziendali essere costituite da una organizzazione sindacale di non rilevanza nazionale perché radicata in una specifica realtà geografica, ma che sia tuttavia sottoscrittrice di un accordo collettivo applicato nell'unità produttiva di riferimento.
Quindi la comunicazione può essere fatta anche soltanto alla RSU con esclusione delle sigle territoriali o di categoria, pur se la RSU appartiene ad una organizzazione sindacale irrilevante sul piano nazionale ma radicata in quel determinato contesto e firmataria di un accordo collettivo applicato nell'unità di riferimento.