La Corte di Cassazione, con la sentenza 29/09/2020 n.20673, ha deciso che l’indennità volo deve essere computata in misura intera e non nel limite del 50% nel calcolo della retribuzione media globale giornaliera utile a determinare l’indennità di maternità.

Nel caso in esame, una lavoratrice aveva adito il giudice del lavoro, chiedendo che venisse accertata l’illegittimità e la natura discriminatoria del comportamento dell’IPSEMA (adesso soppresso) in relazione ai criteri adottati per la liquidazione dell’indennità di maternità.

Più precisamente la lavoratrice lamentava che l’istituto aveva calcolato l’indennità di maternità non sulla base della retribuzione media globale giornaliera, così come previsto dal D.lgs. 151/2001, ma sulla retribuzione assoggettata a prelievo contributivo e fiscale, conteggiando l’indennità volo solo nella misura del 50% come previsto dall’art. 51 del TUIR.

Sia il giudice di primo grado che la Corte d’appello hanno accolto il ricorso della lavoratrice accertando l’illegittimità e la discriminatorietà del comportamento di Ipsema nella determinazione del trattamento di maternità.

Ipsema ha così proposto ricorso in Cassazione, ma i giudici di legittimità lo hanno rigettato.

La Suprema Corte (dando continuità alla questione già affrontata con la sentenza 11414/2018) ha infatti condiviso il giudizio della Corte d’appello, affermando che la misura dell’indennità di maternità andasse determinata in relazione alla retribuzione media globale giornaliera restando invece esclusa la possibilità di computarla facendo applicazione del sistema di calcolo stabilito per un’indennità intrinsecamente diversa quale quella di malattia.

A ciò va aggiunto che i giudici hanno sottolineato che la tutela della maternità contenuta nel D.lgs. 151/2001 ha come finalità quella di privilegiare un criterio di maggior mantenimento possibile del livello retributivo immediatamente precedente al congedo rispetto ai criteri che, come quello per il computo dell’indennità di malattia, comportano un’attribuzione parziale di alcune voci retributive.

Ciò risulta conforme anche agli indirizzi costituzionali (sent. Cort. Cost. 132/1991 e 271/1999) secondo i quali l’indennità di maternità è diretta ad assicurare alla donna lavoratrice la possibilità di vivere l’evento senza una radicale riduzione del tenore di vita e, altresì, agli indirizzi e alla legislazione europea (Direttive 86/613/CEE, 92/85/CE e 96/34/CE) ove da tempo, sia a livello dell’Unione nel suo complesso sia da parte dei singoli Stati, si riconosce che la tutela della maternità può favorire l’aumento dell’occupazione femminile che, a sua volta, può avere ricadute positive sulla sostenibilità del modello sociale, sul miglioramento del tasso di crescita del sistema economico e sulla riduzione del rischio di povertà delle famiglie in generale (Cass. 5361/2012).