Lo smart working svolto in Italia per azienda straniera non è lavoro all’estero
A cura della redazione

L’Agenzia delle entrate, con la risposta a interpello n. 347 del 17.5.2021, ha precisato che la tassazione in regime convenzionale per le attività svolte all’estero da un soggetto che rimane fiscalmente residente in Italia, di cui all’art. 51, c.8-bis, del TUIR, trova applicazione a condizione che la prestazione lavorativa sia svolta all’estero per un determinato periodo di tempo con carattere di permanenza o di sufficiente stabilità.
Inoltre la tassazione agevolata spetta se l’attività lavorativa svolta all’estero costituisce l’oggetto esclusivo del rapporto di lavoro e, pertanto, l’esecuzione della prestazione lavorativa sia integralmente svolta all’estero.
Infine, per la tassazione in regime convenzionale è necessario che il lavoratore nell’arco di dodici mesi soggiorni nello Stato estero per un periodo superiore a 183 giorni.
Oltre ai requisiti sopra richiamati, è comunque necessario che il lavoratore operante all’estero sia inquadrato in una delle categorie per le quali il decreto del citato Ministero fissa la retribuzione convenzionale.
Secondo l’Agenzia delle entrate, le citate condizioni non possono considerarsi soddisfatte se l’attività lavorativa viene svolta in smart working in Italia da parte di un dipendente distaccato all’estero (nello specifico in Francia) che, per effetto delle restrizioni introdotte per gestire la pandemia covid-19, non ha potuto ritornare nella sede estera, ma ha prestato attività lavorativa da casa (in Italia).A nulla rileva il fatto che viene dimostrato che il contratto di distacco non si è interrotto e che conseguentemente l’attività continuava ad essere svolta esclusivamente per il soggetto estero.
Non possono neppure essere richiamati, a sostegno della tesi opposta, le linee guida OCSE del 3.3.2020 e l’accordo amichevole sottoscritto da Italia e Francia (finalizzato a gestire l’emergenza covid-19), in quanto, precisa l’Agenzia delle entrate, detti accordi riguardano esclusivamente la gestione delle doppie imposizioni e pertanto non hanno alcuna rilevanza ai fini della normativa interna e quindi, nel caso di specie, non possono essere utilizzate per interpretare le disposizioni contenute nell’art. 51, c. 8-bis, del TUIR.
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