La Corte di Cassazione, con la sentenza 10/10/2013 n.23068, ha confermato l’illegittimità del licenziamento intimato ad un lavoratore motivata da inidoneità fisica di quest’ultimo accertata dal medico competente, nel caso in cui, tramite una consulenza medico-legale d’ufficio, venga provata la capacità allo svolgimento dell’attività, essendo possibile da parte del datore di lavoro adottare alcune cautele atte a evitare rischi per la salute del dipendente. 

Nel caso in esame un lavoratore era stato licenziato per inidoneità fisica accertata dal medico competente aziendale, anche se il proprio medico curante lo aveva ritenuto idoneo a svolgere l’attività lavorativa. Sulla base di questo differente giudizio medico il lavoratore ha deciso di impugnare il licenziamento. 

Per arrivare alla predetta decisione la Suprema Corte ha richiamato la pronuncia della Corte Costituzionale 420/1998 che ha ritenuto pacifico che la dichiarazione di inidoneità fisica accertata dal medico di controllo non ha carattere di definitività, potendo il giudice pervenire a diverse conclusioni sulla base della consulenza tecnica disposta d’ufficio nel giudizio di merito. Infatti il datore di lavoro, nel momento in cui scegli per l’immediato licenziamento del dipendente, anziché chiedere la risoluzione giudiziaria del rapporto di lavoro per sopravvenuta impossibilità della prestazione, agisce a suo rischio, che rientra nel c.d. rischio di impresa, con la conseguenza che se il giudice dopo aver disposto un proprio accertamento giunge ad una conclusione differente, può giudicare illegittimo il recesso datoriale. 

Inoltre, non va dimenticato che i giudici di legittimità già in passato (sent. 2953/1997) avevano deciso che in caso di contrasto tra il contenuto del certificato medico curante e gli accertamenti compiuti dal medico di controllo, il giudice di merito deve procedere alla loro valutazione comparativa al fine di stabilire quale delle contrastanti motivazioni sia maggiormente attendibile, dato che le norme che prevedono la possibilità di controllo della malattia, nell’affidare la relativa indagine ad organi pubblici per garantire l’imparzialità, non hanno inteso attribuire agli atti di accertamento compiuti da tali organi una particolare ed insindacabile efficacia probatoria che escluda il generale potere di controllo del giudice. 

E’ per questo motivo che la Suprema Corte ha condiviso il giudizio della Corte d’Appello che ha ritenuto il lavoratore idoneo alle mansioni cui era stato addetto, dopo aver disposto un esame fisico ed un’ispezione sui luoghi di lavoro, sulla base della considerazione che non vi erano patologie che ne imponessero una sospensione in via precauzionale, mentre è stato ritenuto necessario un ausilio meccanico per il trasporto dei pesi o quello di un altro lavoratore per carichi superiori ai 15 kg, onde evitare il sovraccarico della colonna vertebrale.