Licenziamento GMO: la manifesta insussistenza del fatto non assorbe la mancata prova del repechage
A cura della redazione
La Corte di Cassazione, con la sentenza 17/10/2019 n.26460, ha specificato che la mancata prova dell’obbligo di repêchage non può essere paragonata alla manifesta insussistenza del fatto, il cui ambito di operatività è l’assenza dei presupposti di legittimità del recesso.
Ne consegue che trova applicazione la tutela risarcitoria se il datore di lavoro non prova l’impossibilità di reperire una posizione lavorativa compatibile con la professionalità del lavoratore licenziato.
Nel caso in esame, una lavoratrice veniva licenziata per giusta causa dopo che era stato accertato che durante lo svolgimento della sua attività (addetta alle pulizie) erano caduti dalla tromba delle scale alcuni oggetti del committente.
Il licenziamento veniva impugnato ed il giudice del lavoro lo dichiarava illegittimo con diritto alla reintegrazione.
L’azienda ha così proceduto ad un nuovo licenziamento, questa volta per GMO, motivato dall’impossibilità di una ricollocazione nel precedente luogo di lavoro, avendo il committente disposto il divieto assoluto di accesso alla lavoratrice in quanto persona non gradita, con conseguente intervenuta soppressione della posizione lavorativa presso il suddetto luogo di lavoro con assorbimento delle mansioni e dell’orario osservati da quest’ultima del personale rimasto in servizio.
Anche questo licenziamento veniva impugnato ed il giudice del lavoro lo dichiarava illegittimo disponendo la reintegrazione nel posto di lavoro oltre a condannare la società al risarcimento del danno commisurato a tutte le mensilità della retribuzione globale di fatto dalla data del recesso.
Invece, in sede di appello veniva dichiarato risolto il rapporto di lavoro dalla data del licenziamento con condanna delle società al pagamento di 18 mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto.
La lavoratrice ha proposto ricorso per Cassazione, la quale ha affermato che in tema di licenziamento per GMO, la verifica del requisito della manifesta insussistenza del fatto posto a base del licenziamento concerne entrambi i presupposti di legittimità del recesso e, quindi, sia le ragioni inerenti all’attività produttiva, all’organizzazione del lavoro e al regolare funzionamento di essa sia l’impossibilità di ricollocare altrove il lavoratore, fermo l’onere della prova che grava sul datore di lavoro. La manifesta insussistenza va riferita ad un'assenza dei suddetti presupposti evidente e facilmente verificabile sul piano probatorio, che consenta di apprezzare la chiara pretestuosità del recesso.
La Corte d’appello rilevando che la società non aveva fornito prova sufficiente della possibilità di impiegare la lavoratrice in un posto di lavoro con mansioni equivalenti e confermando la tutela risarcitoria, si è in sostanza adeguata ai suddetti principi affermati dalla Suprema Corte.
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