La Corte di Cassazione, con la sentenza 5/12/2016 n. 24803, ha deciso che è illegittimo il licenziamento per GMO intimato ad un lavoratore, nel caso in cui il giudice di merito valuti inesistente la riorganizzazione aziendale che motivava il recesso datoriale.

Nel caso in esame un lavoratore con mansioni di impiegato amministrativo era stato licenziato per giustificato motivo oggettivo a seguito di una situazione sfavorevole del settore sanitario, con chiusura del reparto di fisiocinesiterapia dopo la sospensione delle prestazioni a carico del SSN. Il recesso inoltre trovava fondamento nell’impossibilità di adibire il lavoratore ad altre mansioni nonché nella riduzione drastica dei ricavi aziendali e nella necessità di disporre un nuovo assetto organizzativo per una più economica gestione dell’impresa.

I primi due gradi di giudizio hanno respinto le doglianze del datore di lavoro rilevando che la chiusura del reparto a seguito della sospensione delle prestazioni a carico del SSN era stata un provvedimento temporaneo e contingente poi revocato. Inoltre le difficoltà economiche non erano state dimostrate dall’impresa. Non era neppure emerso che il budget fosse effettivamente inferiore a quello degli anni precedenti né la correlazione tra la risoluzione del rapporto e la pretesa sfavorevole congiuntura economica.

Non era stata neppure dimostrata la natura definitiva e non transitoria della contrazione aziendale posto che le testimoniane avevano solo genericamente riferito che erano stati licenziati due fisioterapisti e che per il reparto vi era stata una riduzione di orario che era durata nel tempo.

La Suprema Corte ha condiviso la decisione della Corte d’Appello richiamando il consolidato principio (Cass. 13678/2015) secondo cui in tema di licenziamento per GMO determinato da ragioni tecniche, organizzative e produttive, compete al giudice di merito il controllo in ordine all’effettiva sussistenza del motivo addotto dal datore di lavoro.

Ai fini di cui trattasi è sufficiente e necessario accertare l’effettività della addotta riorganizzazione non essendo consentito al giudice di merito sindacare sulla scelta dell’an e del quomodo. A tanto la Corte di secondo grado si è strettamente attenuta accertando l’insussistenza della dedotta riorganizzazione, nonché la mancanza di una soppressione stabile e duratura del reparto presso cui era occupata la parte intimata e non precisati i contorni della contrazione dell’attività svolta in detto reparto.