La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 25696 del 6 settembre 2023, ha ribadito il principio di diritto secondo cui, in tema di licenziamento disciplinare, ai fini della valutazione della proporzionalità della sanzione rispetto all’infrazione contestata, deve essere esaminata la condotta del lavoratore, in riferimento agli obblighi di diligenza e fedeltà, anche alle luce del disvalore ambientale che la condotta assume quando, in virtù della posizione professionale rivestita, può assurgere, per gli altri dipendenti dell’impresa, a modello diseducativo e disincentivante dal rispetto dei citati obblighi di diligenza e fedeltà.

Nel caso sottoposto al giudizio della Suprema Corte, un dipendente, con qualifica di gerente della filiale di un esercizio di vendita di abbigliamento e tessuti, era stato licenziato per giusta causa in seguito alla contestazione di una serie di condotte di rilievo disciplinare.

In un primo tempo i giudici di merito avevano accolto il reclamo del lavoratore e avevano condannato l’azienda al pagamento di un’indennità risarcitoria ex art. 18, c. 5 della Legge 300/1970 nella misura di quindici mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto.

L’azienda era così ricorsa in Cassazione la quale aveva accolto l’impugnazione dell’azienda, cassato la sentenza e rinviato nuovamente la causa ad una diversa Corte d’appello.

Il giudice del rinvio ha giudicato questa volta legittimo il licenziamento per giusta causa intimato al lavoratore condannando lo stesso a restituire alla società la somma precedentemente ricevuta a titolo risarcitorio.  

Il dipendente ha impugnato questa decisione, ma la Corte di Cassazione questa volta ha condiviso il contenuto della sentenza della Corte di appello che ha ritenuto di dissentire dalla valutazione della non proporzionalità della sanzione espulsiva come operata dalla prima sentenza cassata, per la molteplicità, ma soprattutto per la tipologia e intenzionalità, dei fatti addebitati, da cui emergeva un atteggiamento di consapevole sfruttamento della posizione gerarchica di responsabile di negozio, con connotazione negativa delle condotte poste in essere, aggravata a causa del ruolo ricoperto.