Licenziamenti post-cessione d’azienda: i chiarimenti della Cassazione
A cura della redazione
Con l’ordinanza n. 31551 depositata il 9 dicembre 2024, la Suprema Corte ha fatto luce su una questione fondamentale: la validità dei licenziamenti intimati da soggetti non legittimati in seguito a una cessione d’azienda. La Sezione lavoro ha stabilito che il licenziamento intimato da un soggetto estraneo al rapporto lavorativo, privo di legittimazione, è da considerarsi giuridicamente inesistente.
Il caso CAI e Alitalia SAI
La vicenda oggetto della pronuncia riguarda un licenziamento intimato da CAI (Compagnia Aerea Italiana S.p.A.) nel luglio 2019, dopo la cessione del ramo d’azienda ad Alitalia Società Aerea Italiana S.p.A. (Alitalia SAI). La Corte d’appello di Roma aveva ritenuto illegittimo il licenziamento per insussistenza del giustificato motivo oggettivo (g.m.o.), condannando CAI al pagamento di 12 mensilità e Alitalia SAI alla reintegrazione della lavoratrice.
La Cassazione, rivedendo tale impostazione, ha precisato che il licenziamento intimato da CAI non può essere qualificato come illegittimo o nullo. Si tratta infatti di un atto privo di effetti, poiché il rapporto di lavoro era già stato trasferito ope legis ad Alitalia SAI ai sensi dell’art. 2112 c.c., rendendo CAI un soggetto estraneo.
I principi stabiliti dalla Cassazione
-
Inesistenza giuridica del licenziamento: La Corte ha chiarito che un licenziamento intimato da un soggetto non legittimato non produce effetti sul rapporto di lavoro. Il recesso è tamquam non esset e non può essere inquadrato nelle ipotesi di ingiustificatezza o nullità.
-
Tutela del lavoratore: Il licenziamento giuridicamente inesistente non richiede impugnazione entro termini di decadenza. La domanda del lavoratore è volta esclusivamente a far valere l’effettività del trasferimento ope legis del rapporto di lavoro al cessionario.
-
Responsabilità esclusiva del cessionario: La tutela economica e risarcitoria compete al cessionario, unico soggetto obbligato a corrispondere le retribuzioni maturate e a risarcire i danni eventualmente subiti dal lavoratore.
Precedenti giurisprudenziali e norme di riferimento
La Cassazione si è richiamata a precedenti orientamenti (Cass. n. 27322/2023; Cass. n. 3235/2024) che hanno ribadito come, in caso di trasferimento d’azienda, i rapporti di lavoro si trasferiscano automaticamente al cessionario. Il licenziamento intimato successivamente dal cedente risulta quindi privo di effetti giuridici.
La Corte ha inoltre fatto riferimento all’art. 80-bis del “Dl Rilancio” (n. 34/2020), che esclude esplicitamente il licenziamento intimato da un datore apparente dagli atti validi per la costituzione e gestione del rapporto lavorativo. Tale norma, di interpretazione autentica, si applica retroattivamente.
Implicazioni per le parti coinvolte
La decisione chiarisce la distinzione tra licenziamenti formali e giuridicamente inesistenti. In quest’ultimo caso, non si applicano le tutele previste dagli articoli 18 della Legge 300/1970 o 8 della Legge 604/1966. Il lavoratore conserva automaticamente il rapporto con il cessionario, che è tenuto a garantirne la continuità.
Questa pronuncia conferma il ruolo centrale dell’art. 2112 c.c. nel salvaguardare la stabilità occupazionale nei trasferimenti d’azienda, proteggendo i lavoratori da atti non validi posti in essere dal cedente. La Cassazione rafforza così il principio per cui il rapporto di lavoro, una volta trasferito ope legis, non può essere interrotto da un soggetto privo di legittimazione.
Riproduzione riservata ©