La Corte Costituzionale, con la sentenza n. 194 dell’8 novembre 2018, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 3, comma 1, del D.Lgs. 23/2015, sia nel testo originario sia nel testo modificato dall’art. 3, comma 1, del DL 87/2018 (L. 96/2018), limitatamente alle parole “di importo pari a due mensilità dell’ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del trattamento di fine rapporto per ogni anno di servizio”.

In particolare, la previsione di un’indennità crescente in ragione della sola anzianità di servizio del lavoratore è, secondo la Corte, contraria ai principi di ragionevolezza e di uguaglianza e contrasta con il diritto e la tutela del lavoro sanciti dagli articoli 4 e 35 della Costituzione.

Il giudice è tenuto, invece, a decidere caso per caso, nel rispetto dei limiti, minimo (6 mensilità) e massimo (36 mensilità), dell’intervallo in cui va quantificata l’indennità spettante al lavoratore illegittimamente licenziato, tenendo conto non solo dell’anzianità di servizio, ma anche da altri criteri desumibili, in chiave sistematica, dall’evoluzione della disciplina limitativa dei licenziamenti (numero dei dipendenti occupati, dimensioni dell’attività economica, comportamento e condizioni delle parti).