L’INL, con la circolare 1/06/2018 n.9, ha precisato che se durante un’ispezione in azienda vengono controllati i contratti di lavoro per i quali è stata presentata un’istanza di certificazione, il personale ispettivo deve informare prontamente la relativa Commissione affinché sospenda il procedimento certificatorio fino al termine del controllo.

Al termine degli accertamenti, il personale ispettivo dovrà comunicare l’esito alla Commissione per consentirle di concludere il procedimento adottando le conseguenti determinazioni.

Medesimo discorso vale nel caso in cui l’ispezione avvenga subito dopo il deposito dell’istanza di certificazione, ma prima che la Commissione abbia iniziato il suo lavoro.

Situazione a parte si ha quando al personale ispettivo il datore di lavoro esibisca la certificazione di un contratto di lavoro o di appalto.

In questo caso, se al termine dell’attività di vigilanza, sono stati rilevati vizi riconducibili all’erronea qualificazione del contratto ovvero alla difformità tra il programma negoziale certificato e la sua successiva attuazione, il personale ispettivo deve adottare nel redigere il verbale conclusivo alcuni accorgimenti.

In particolare, il verbale conclusivo deve recare, in relazione al disconoscimento dei contratti certificati (sia di lavoro che di appalto), l’espressa avvertenza che l’efficacia di tale disconoscimento (applicazione delle sanzioni ed eventuali altri effetti derivati) è condizionata al positivo espletamento del tentativo di conciliazione obbligatorio presso la Commissione di certificazione oppure, in caso la stessa non riuscisse, all’utile proposizione delle impugnazioni al giudice del lavoro ex art. 413 c.p.c..

Se la Commissione non si trova nel territorio di competenza dell’Ispettorato che ha condotto gli accertamenti, quest’ultimo delega formalmente quello ubicato ove ha sede la Commissione, sia al deposito della richiesta di tentativo di conciliazione sia alla partecipazione alla relativa riunione, avendo cura di trasmettere una dettagliata relazione con allegata tutta la documentazione di interesse.

La scelta della giurisdizione dipende dal tipo di vizio che viene riscontrato. In particolare, va adito il TAR in tutti i casi in cui si riscontri la violazione delle norme di legge che disciplinano il procedimento o uno sviamento dell’esercizio del potere certificatorio, cd. eccesso di potere. Ipotesi quest’ultima, del tutto residuale, da ascrivere a fattispecie in cui la decisione della Commissione non trovi alcun fondamento negli elementi forniti dalle parti.

Mentre, se si ravvisa un errore attinente alla qualificazione giuridica del contratto oppure una difformità tra il programma negoziale e quello che è stato effettivamente realizzato, la giurisdizione è riservata giudice ordinario atteso che tali vizi, hanno ad oggetto il corretto inquadramento del rapporto di lavoro rispetto alla qualificazione data.

La decisione giurisdizionale di accoglimento del ricorso avrà effetto sin dal momento della conclusione del contratto solo nel caso in cui sia stato rilevato un errore nella sua qualificazione giuridica; mentre in caso di difformità del programma negoziale, la decisione spiegherà effetti dal momento in cui tale difformità abbia avuto inizio secondo quanto accertato in giudizio.

Al fine di identificare il giudice competente, in termini generali, vale il criterio del foro relativo al luogo in cui si trova l’azienda, intendendosi per tale, per consolidata giurisprudenza, la sede sociale dell’impresa.

Invece, in caso di certificazione di contratto di appalto, dato che il ricorso, così come il preventivo tentativo di conciliazione, viene esperito nei confronti del committente e dell’appaltatore, appare possibile ricorrere al criterio del luogo ove si trova una dipendenza dell’azienda presso cui si svolge il rapporto di lavoro, intendendosi per tale anche il singolo cantiere (Cass. sez. lavoro. n. 11320/2014).