Legittimo provare l’insussistenza della malattia con l’investigatore privato
A cura della redazione
La Corte di cassazione, con l'Ordinanza n. 21766 del 2 agosto 2024, ha deciso che il datore di lavoro può effettuare, al di fuori delle verifiche sanitarie, gli accertamenti volti a provare l’insussistenza della malattia o la non idoneità di quest’ultima a determinare uno stato d’incapacità lavorativa rilevante, e quindi, a giustificare l’assenza.
Nel caso in esame un lavoratore era stato licenziato perché, durante le giornate di assenza per malattia, era stato colto, utilizzando accertamenti investigativi, a svolgere attività extralavorative incompatibili con la malattia certificata ovvero si trovava in uno stato di salute compatibile con la prestazione lavorativa.
Sia il Tribunale che la Corte d’appello hanno rigettato il ricorso del lavoratore ritenendo legittimo il licenziamento. Secondo i giudici, il ricorso agli accertamenti investigativi non viola i limiti posti dal legislatore in materia ed in particolare il combinato disposto degli art. 3 e 5 della Legge 300/1970 che riserva solo agli Istituti specializzati di diritto pubblico il controllo sulla idoneità fisica del lavoratore a rendere la prestazione lavorativa.
Il lavoratore ha proposto ricorso in Cassazione la quale ha condiviso il giudizio dei giudici di merito secondo cui la condotta del dipendente si è posta in contrasto con i generali doveri di correttezza e buona fede nonché con gli specifici obblighi contrattuali di diligenza e fedeltà nell'esecuzione del contratto che avrebbero imposto al lavoratore, assente per malattia, di comunicare al datore di lavoro l'intervenuto anticipato recupero delle proprie abilità e di non svolgere attività extralavorative che potessero ritardare o pregiudicare la ripresa del servizio.
La Corte d’appello ha ritenuto quindi sussistente la giusta causa di licenziamento per comportamenti rimproverabili quanto meno a titolo di colpa e denotanti imprudenza, abitudinaria noncuranza verso gli obblighi contrattuali, scarsissima inclinazione a collaborare con la controparte per consentire il regolare funzionamento del rapporto negoziale. Inoltre, i giudici hanno ritenuto che il complesso di tali elementi giustificasse il giudizio negativo sul futuro esatto adempimento della prestazione di lavoro.
In merito alla contestazione avanzata da lavoratore circa il ricorso all’investigatore privato, la Suprema Corte ha sottolineato che non sussiste la denunziata violazione dei limiti entro i quali è consentito al datore di lavoro lo svolgimento di accertamenti investigativi.
In particolare, gli accertamenti disposti dalla società erano legittimi in quanto non avevano finalità di tipo sanitario ma miravano a verificare se le plurime specifiche condotte extralavorative, poi contestate, fossero o meno compatibili con la malattia addotta dal lavoratore per giustificare l'assenza dal lavoro e dunque l'idoneità della predetta malattia a determinare uno stato di incapacità lavorativa.
In conclusione, l'Ordinanza è conforme all’orientamento giurisprudenziale secondo cui sono legittimi i controlli affidati alle agenzie investigative, anche al di fuori di locali aziendali, ove non aventi ad oggetto l'espletamento dell'attività lavorativa, e che le disposizioni dell'art. 5 st. lav., che vietano al datore di lavoro di svolgere accertamenti sulle infermità per malattia o infortunio del lavoratore dipendente e lo autorizzano a effettuare il controllo delle assenze per infermità solo attraverso i servizi ispettivi degli istituti previdenziali competenti, non precludono al datore medesimo di procedere, al di fuori delle verifiche di tipo sanitario, ad accertamenti di circostanze di fatto atte a dimostrare l'insussistenza della malattia o la non idoneità di quest'ultima a determinare uno stato d'incapacità lavorativa rilevante e, quindi, a giustificare l'assenza (Cass. n. 11697/2020, Cass. n. 15094/2018, Cass. n. 25162/2014, Cass. n. 6236/2001).
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