La Corte di Cassazione, con la sentenza 22/07/2019 n. 19660, ha deciso che in caso di crisi aziendale, un accordo di prossimità stipulato ai sensi dell’art. 8, c. 2-bis del DL 138/2011 (L. 148/2011) può legittimamente prevedere che al lavoratore licenziato non venga erogata l’indennità di mancato preavviso.

Nel caso in esame un lavoratore, a seguito del licenziamento, aveva proposto ricorso al giudice del lavoro affinchè condannasse il datore di lavoro al pagamento dell’indennità sostitutiva del preavviso.

Il giudice di merito ha ritenuto infondato il reclamo del lavoratore, accertando la legittimità del licenziamento e respingendo la domanda di condanna al pagamento dell’indennità sostitutiva del preavviso come previsto dall’accordo di prossimità stipulato dall’azienda.

Il lavoratore è così ricorso in Cassazione la quale, richiamando il proprio orientamento (sent. n. 13988/2017, 985/2017, 22322/2013, 22443/2010 e 11740/2007) ha ribadito che l’esercizio della facoltà di recedere con effetto immediato determina l’insorgere dell’unico obbligo della parte recedente di corrispondere l’indennità sostitutiva del preavviso, obbligazione pecuniaria che ben può costituire oggetto di accordo e di rinuncia. Pertanto tale indennità può essere oggetto dell’accordo di prossimità di cui all’art. 8 citato, purché nel contesto di una crisi aziendale.

L’azienda aveva sottoscritto tale accordo prevedendo che per coloro i quali, pur avendone i requisiti non avessero aderito all’esodo incentivato, ove destinatari, nella successiva procedura di mobilità, di un provvedimento di licenziamento, non avrebbero avuto diritto a percepire l’indennità sostitutiva del preavviso come prevista dalla contrattazione collettiva.

Tale accordo è stato poi richiamato dal successivo accordo raggiunto con le parti sociali nel contesto della procedura iniziata ai sensi della Legge 223/1991. Nel richiamarlo le parti hanno fatto proprio il contenuto dello stesso in tutte le sue proposizioni ed anche nella previsione dell’esclusione dell’indennità sostitutiva del preavviso.

Secondo i giudici di legittimità, pertanto, sussistevano le condizioni per derogare e incidere sulle conseguenze del recesso del rapporto di lavoro. La deroga, infatti, era stata introdotta proprio per far fronte a una ben nota situazione di crisi aziendale e occupazionale. L’accordo derogatorio, trasfuso nell’accordo raggiunto nell’ambito della procedura di mobilità, non si pone in contrasto con i principi dettati dalla Carta Costituzionale né viola i vincoli derivanti dalle normative comunitarie e dalle convenzioni internazionali sul lavoro.