La Corte di Cassazione, con la sentenza 2/02/2017 n.2823, ha deciso che se il lavoratore commette un reato in azienda per il quale il CCNL prevede il licenziamento, per la legittimità di questo non è necessario effettuare una valutazione né della condotta né della gravità della stessa.

Nel caso in esame un lavoratore era stato sorpreso dal sorvegliante nell’intento di forzare la cassettiera dei capi UTE, chiusa a chiave. Il dipendente ha ammesso il fatto a seguito della richiesta di spiegazioni, invitando però il sorvegliante a non segnalare l’episodio ai responsabili aziendali. Il sorvegliante invece ha reso noto il fatto a questi ultimi che hanno provveduto a licenziare il lavoratore così come previsto dal contratto collettivo applicato che prevede il recesso nel caso in cui i fatti sono idonei ad integrare un reato, come il delitto di tentato furto aggravato.

Il ricorso proposto dal dipendente contro l’atto di recesso è stato respinto dai giudici di merito di primo e secondo grado i quali hanno ritenuto che non è necessario valutare la condotta del lavoratore né la sua gravità.se il licenziamento è previsto dal CCNL per determinati fatti compiuti in azienda dai dipendenti

Il lavoratore ha così proposto ricorso presso la Corte di Cassazione, I Giudici di legittimità hanno però rigettato il ricorso sposando la decisione del giudice di merito.

La Suprema Corte richiama anche il principio enunciato dalla sentenza 6848/2010 secondo cui in tema di licenziamento per giusta causa o giustificato motivo soggettivo, il giudizio di proporzionalità o adeguatezza della sanzione all’illecito commesso si sostanzia nella valutazione della gravità dell’inadempimento imputato al lavoratore in relazione al concreto rapporto, e l’inadempimento deve essere valutato in senso accentuativo rispetto alla regola generale della non scarsa importanza di cui all’art. 1455 c.c.

Pertanto l’irrogazione della massima sanzione disciplinare risulta giustificata solo in presenza di un notevole inadempimento degli obblighi contrattuali ovvero tale da non consentire la prosecuzione neppure provvisoria del rapporto di lavoro.