Legittimo il licenziamento per tentata truffa anche senza codice disciplinare
A cura della redazione
La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 12321 del 14 aprile 2022, ha confermato la legittimità di un licenziamento disciplinare intimato nei confronti di una lavoratrice condannata in sede penale per tentata truffa, nonostante la mancata previsione della fattispecie nel codice disciplinare.
La lavoratrice, dipendente di un ufficio postale, si era presentata come persona disponibile a curare gli interessi di una signora sola ed anziana, inducendola a farsi consegnare documenti, buoni fruttiferi, libretto postale nominativo e polizza vita. Aveva poi, con varie operazioni, aperto un libretto postale cointestato a sé e alla signora anziana su cui versava i proventi di un diverso libretto intestato alla persona truffata e a una sua parente e aveva anche ottenuto una postepay riferita a tale libretto e intestata solo a sé. Condannata penalmente, era stata poi anche licenziata per giusta causa. Aveva quindi impugnato il licenziamento, assumendone l’illegittimità.
Nelle motivazioni che hanno determinato la Consulta a confermare la validità del recesso viene sottolineato che la tentata truffa a danno di una cliente lede irrimediabilmente il rapporto fiduciario e quindi giustifica il recesso anche se il CCNL non la riporta tra le ipotesi di giusta causa di licenziamento.
Inoltre, ai fini della validità del recesso per ragioni disciplinari non è necessaria la preventiva affissione del codice disciplinare in presenza di violazioni di norme di legge e comunque doveri fondamentali del lavoratore, riconoscibili come tali senza necessità di una specifica previsione.
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