La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 17424 del 4 luglio 2018, ha dichiarato l’illegittimità del licenziamento per giusta causa comminato nei confronti del lavoratore che, durante l’assenza dal lavoro per malattia (asserita gastroenterite), ha svolto attività lavorativa in proprio (tinteggiatura di esterni).

Lo svolgimento di altra attività lavorativa da parte del dipendente, durante lo stato di malattia, configura la violazione degli specifici obblighi contrattuali di diligenza e fedeltà, nonché dei doveri generali di correttezza e buona fede, oltre che nell’ipotesi in cui tale attività esterna sia, di per sé, sufficiente a far presumere l’inesistenza della malattia, anche nel caso in cui la medesima attività, valutata con giudizio ex ante in relazione alla natura della patologia e delle mansioni svolte, possa pregiudicare o ritardare la guarigione o il rientro in servizio.

Risulta evidente, secondo la Suprema Corte, come non sia sufficiente il mero svolgimento di un’attività lavorativa durante la malattia per configurare una violazione dei principi di buona fede e diligenza, poiché non sussiste, per il lavoratore assente per malattia un divieto assoluto di prestare – durante tale assenza – attività lavorativa in favore di terzi, purché questa non evidenzi una simulazione di infermità, ovvero importi violazione del divieto di concorrenza, ovvero ancora, compromettendo la guarigione del lavoratore, implichi inosservanza al dovere di fedeltà imposto al prestatore d’opera. Pertanto, non si configura giusta causa di licenziamento ove non sia stato provato che il lavoratore abbia agito fraudolentemente in danno del datore di lavoro, simulando la malattia per assentarsi in modo da poter espletare un lavoro diverso o lavorando durante l’assenza con altre imprese concorrenti (con quella cui è contrattualmente legato) oppure – anziché collaborare al recupero della salute per riprendere la propria attività lavorativa il prima possibile – abbia compromesso o ritardato la propria guarigione strumentalizzando, così, il suo diritto al riposo per trarne un reddito da lavoro diverso in costanza di malattia ed in danno del proprio datore di lavoro.