Lavoro intermittente: il CCNL può prevedere il ricorso in presenza di particolari esigenze ma non può negarlo
A cura della redazione

La Corte di Cassazione, con la sentenza 13/11/2019 n.29423, ha deciso che se il CCNL applicato dall’azienda non ha regolamentato il lavoro intermittente è legittimo stipulare il contratto ricorrendo ad una delle fattispecie individuate dalla tabella allegata al RD 2657/1923.
Nel caso sottoposto all’esame della Suprema Corte, svoltosi quando era ancora vigente la disciplina del lavoro intermittente contenuta nel D.Lgs. 276/2003 ( dal 2015 abrogata e sostituita dal D.Lgs. 81/2015), un lavoratore si era rivolto al giudice del lavoro affinché accertasse l’illegittimità del contratto di lavoro intermittente e disponesse la sua conversione in rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato.
In primo grado il Tribunale ha accolto il ricorso, ma la Corte d’appello ha riformato la sentenza riconoscendo la genuinità del contratto di lavoro intermittente stipulato con riferimento alle esigenze individuate in via sostitutiva della contrattazione collettiva dal DM 459/2004 il quale a sua volta richiamava le fattispecie del RD 2657/1923.
Il fatto che il CCNL non contenesse una disciplina non poteva essere interpretato come volontà ostativa delle parti firmatarie di ricorrere a tale tipologia contrattuale. Perché se così fosse verrebbe vanificata la sostanziale operatività del ricorso al lavoro intermittente.
Il legislatore invece si è limitato a demandare alla contrattazione collettiva il compito di individuare le esigenze per le quali è consentita la stipula di un contratto a prestazioni discontinue senza riconoscere esplicitamente alle parti sociali alcun potere di interdizione in ordine alla possibilità di utilizzo di tale contratto.
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