L’Agenzia delle entrate, con la risoluzione 8/07/2013 n.48E, ha precisato che se il lavoratore presta la propria attività all’estero per più di 183 giorni e nello stesso versa le imposte, il credito d’imposta ex art.165 del TUIR che matura, deve essere proporzionalmente ridotto in base al rapporto tra la retribuzione convenzionale e il reddito di lavoro dipendente che sarebbe stato tassato in via ordinaria nel nostro Paese.
Infatti una diversa interpretazione oltre a non essere coerente con la finalità del legislatore, rischia effetti distorsivi e discriminatori. Potrebbe infatti accadere che a parità di altre condizioni, le diverse modalità di tassazione adottate dallo Stato estero in cui la prestazione lavorativa viene svolta, possono andare ad incidere sull’importo del credito.
Invece l’articolo 165 del Tuir prevede espressamente un confronto tra reddito prodotto all'estero, da determinarsi secondo l’ordinamento tributario nazionale e reddito complessivo (di cui il reddito prodotto all’estero è parte integrante).
Se si operasse diversamente prendendo a riferimento il reddito tassato all'estero, sulla base della normativa fiscale straniera, si verificherebbe una contraddizione, poiché quest'ultimo, essendo afferente a un ordinamento tributario non italiano, non concorre alla formazione del reddito complessivo.