L’INAIL, con un documento (fact sheet) del 16 giugno 2020, ha analizzato la modalità di esecuzione della prestazione lavorativa “da remoto” nella crisi sanitaria, mettendo in luce opportunità e criticità utili a definire un modello di lavoro a distanza a regime che coniughi innovazione e tutela della persona.

La forma di lavoro a distanza svolta durante il periodo di emergenza, con la permanenza obbligata a casa dei cittadini per il contenimento del contagio da Coronavirus, può essere definita un modello “ibrido” tra il lavoro agile e il telelavoro. Questa particolare modalità di esecuzione della prestazione lavorativa adottata per fronteggiare l’epidemia, per molte attività lavorative pubbliche e private, anche in assenza degli accordi individuali previsti dalla legge, ha coinvolto una platea di lavoratori e di professionalità molto ampia, superando il vincolo della concessione della strumentazione tecnologica e informatica fornita dal datore di lavoro.

Il documento redatto dall’INAIL è liberamente consultabile sul portale dell’Istituto ed è rivolto principalmente ai lavoratori del settore pubblico e privato che svolgono attività compatibili con il lavoro agile, completo di tabelle e illustrazioni grafiche e corredato da riferimenti bibliografici e normativi essenziali.

Il lavoro agile, spiega il documento, è connotato da un approccio flessibile al lavoro, fondato su un rapporto fiduciario tra lavoratore e datore di lavoro. “Nell’ultimo decennio – scrivono gli autori della nota - la trasformazione digitale e tecnologica ha prodotto modi innovativi di comunicare e lavorare, che hanno consentito di superare rigidità presenti nei modelli organizzativi della società economica e industriale preesistente”.

Per i ricercatori del DIT (Dipartimento innovazioni tecnologiche), l’adozione massiva del lavoro agile dal contesto di necessità imposto dall’emergenza, ha determinato l’applicazione di una modalità di lavoro a distanza che può essere definita come “una via di mezzo” fra il telelavoro e il lavoro agile, integrando i requisiti essenziali e tipici dei due modelli.

Il documento riepiloga, quindi, le caratteristiche di entrambi. Nel telelavoro, l'eterodirezione del datore di lavoro si manifesta nell’ esecuzione della prestazione sotto direttiva con cadenza di tempi lavorativi. Il telelavoratore svolge la propria attività da una postazione fissa ed è tenuto a rispettare gli orari d’ufficio. Riguardo alla sicurezza, il datore di lavoro ne è responsabile e ai telelavoratori si applicano le medesime norme per i dipendenti in azienda o in ufficio. Il datore di lavoro deve informare e formare il lavoratore sulle fonti di rischio specifiche e generiche, adottando tutte le misure di prevenzione e protezione per ridurre i rischi professionali.

Nel lavoro agile, “l’esercizio del potere di direzione e controllo del datore di lavoro è rimesso all’autonomia negoziale delle parti tramite l’accordo, dove si specificano le modalità di esternazione e gli eventuali comportamenti sanzionabili”. In questa forma di lavoro, in sostanza, a differenza del telelavoro, “il potere datoriale si realizza attraverso l’organizzazione del lavoro ‘anche per fasi, cicli e obiettivi’, nella scelta della strumentazione e programmi informatici che permettono la connessione da remoto con la realtà interna aziendale, nei tempi di definizione del risultato, nello svolgimento dell’attività, secondo le finalità istituzionali pubbliche o private”.

Il rispetto della normativa in materia di salute e sicurezza è assicurato tramite la consegna al dipendente “agile” e al rappresentante dei lavoratori per la sicurezza di un'informativa scritta in cui sono individuati i rischi generali e quelli specifici connessi alla modalità di esecuzione del rapporto di lavoro. Al lavoratore in modalità agile, inoltre, viene riconosciuto il diritto alla disconnessione dalle strumentazioni tecnologiche in dotazione, per evitare sovrapposizioni fra dimensione lavorativa e personale.