Il lavoratore è reintegrato se la condotta datoriale è obiettivamente e palesemente artificiosa
A cura della redazione
La Corte di Cassazione, con la sentenza n.7167 del 13/03/2019, ha deciso che il licenziamento per giustificato motivo oggettivo è illegittimo se è frutto di una condotta datoriale obiettivamente e palesemente artificiosa, con la conseguenza che il lavoratore ha diritto alla reintegra.
Nel caso in esame una lavoratrice era stata licenziata dopo essere stata collocata in esubero rispetto all’ordinario livello occupazionale, insieme ad altri colleghi, in un reparto che a breve sarebbe stato soppresso in conseguenza di un riassetto organizzativo e produttivo che ne aveva previsto l’esternalizzazione.
La lavoratrice ha proposto ricorso e in primo grado il giudice ha ritenuto il recesso datoriale viziato da un motivo illecito determinate, mentre la Corte d’appello ha escluso che il licenziamento potesse considerarsi assistito da giustificato motivo oggettivo.
La società ha così proposto ricorso in Cassazione censurando la sentenza impugnata per non avere considerato che la manifesta insussistenza del fatto, quale presupposto legittimante la tutela reintegratoria, ricorre nella sola ipotesi di inesistenza del fatto materiale addotto a sostegno del licenziamento per giustificato motivo oggettivo e che, nella diversa ipotesi in cui tale fatto materiale invece sussista, la tutela applicabile è unicamente quella indennitaria.
Secondo la Suprema Corte, l’indagine che deve compiere il giudice di merito al fine di stabilire se una data fattispecie di licenziamento per giustificato motivo oggettivo sia o meno caratterizzata dalla manifesta insussistenza del fatto, si compone di due momenti concettualmente distinti, ma coesistenti nell’unitarietà dell’accertamento giudiziale: da un lato deve accertare il fatto del licenziamento in ciascuno degli elementi che concorrono a delinearlo (nel caso in esame la sussistenza di un processo di riorganizzazione o riassetto produttivo) e la sussistenza del nesso di causalità tra tale processo e la perdita del posto di lavoro e l’impossibilità per il datore di lavoro di ricollocare il proprio dipendente nell’impresa riorganizzata e ristrutturata; dall’altro lato deve effettuare un’analisi e una valutazione di tutte le circostanze del caso concreto, quale unico mezzo per determinare l’eventuale riconduzione del fatto sottoposto al suo esame all’area di una insussistenza che deve porsi come manifesta e cioè contraddistinta da tratti che ne segnalano in modo palese la peculiare difformità rispetto alla mera assenza dei presupposti del licenziamento.
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