Il Tribunale di Roma, con l’ordinanza n. 18441 del 28 luglio 2021, ha affermato che deve essere considerata legittima la sospensione dalle mansioni e dalla retribuzione del lavoratore che rifiuta il vaccino contro il COVID-19, anche se addetto ad un settore per il quale non è previsto l’obbligo di vaccinazione.

La pronuncia fa seguito ad una analoga ordinanza del Tribunale di Modena, la n. 2467 del 23 luglio 2021, che si era espresso in senso favorevole alla sospensione dal lavoro e dalla retribuzione di due fisioterapiste di RSA che avevano rifiutato il vaccino, prima che per il settore divenisse obbligatorio.

Le decisioni trovano la loro motivazione nell’obbligo incombente sul datore di lavoro, ai sensi dell’art. 2087 c.c., di adottare tutte le misure di prevenzione e protezione che sono necessarie a tutelare l’integrità fisica dei lavoratori. Per il lavoratore, del resto, vige l’obbligo di collaborare per la salvaguardia della propria salute e di quella delle altre persone presenti sul luogo di lavoro, cooperando con il datore come richiesto dall’art. 20 del D.Lgs. n. 81/2008.

Entrambe le pronunce sottolineano che la sospensione non costituisce una sanzione disciplinare, ma attiene alla valutazione oggettiva dell’inidoneità alla mansione. Infatti, la possibilità, pur se legittima, di rifiutare di vaccinarsi, deve essere contemperata con altri diritti di rilievo costituzionale come quelli legati alla tutela della salute dei colleghi o dei clienti o della libertà di iniziativa economica. Ne consegue che se il lavoratore no-vax non può essere adibito a diverse mansioni, è legittima la sua sospensione dal lavoro e dalla retribuzione.