L’ITL ha reso noto che la Corte d’Appello di Lecce, con la sentenza 502/2022, ha deciso che è legittima l’ordinanza ingiunzione emessa nel 2017 dall’Ispettorato Territoriale del Lavoro di Brindisi nei confronti dei proprietari di un’abitazione nella quale erano stati eseguiti lavori edili impiegando manodopera in nero.

Più precisamente la sentenza ruota attorno ad un accesso ispettivo effettuato nel giardino di un’abitazione nella quale erano in corso lavori edili.

Alla presenza del proprietario, venne accertato che, dei sei operai impiegati nei lavori che si stavano eseguendo, ben cinque erano “in nero”. All’ispezione era seguito, nel 2017, un provvedimento di ingiunzione, rispetto al quale il proprietario dell’immobile aveva proposto ricorso.

Il Giudice di merito del primo grado, con la sentenza n. 1267/2020, aveva accolto l’opposizione e, ritenendo fondate le doglianze del ricorrente, aveva annullato il provvedimento dell’ITL, ritenendo che i luoghi di privata dimora vadano esclusi dal “potere di ispezione”.

Di diverso avviso i giudici di secondo grado che hanno ribaltato la sentenza del Tribunale di Brindisi ed hanno ritenuto che “… l’area destinata a cantiere edile, pur se di proprietà privata, non è qualificabile come luogo di privata dimora né come luogo in cui si svolgono attività destinate a rimanere riservate, trattandosi piuttosto di luogo aperto al pubblico, tant’è che gli ispettori del lavoro accedevano liberamente senza chiedere autorizzazione alcuna”.

I giudici del riesame hanno inoltre riaffermato la piena legittimità dell’ordinanza ingiunzione emessa dall’ITL, rigettando peraltro la doglianza relativa al presunto difetto di motivazione del provvedimento. Secondo un consolidato orientamento giurisprudenziale della Suprema Corte, l’autorità amministrativa non è tenuta, nell’ordinanza ingiunzione, a rispondere analiticamente e diffusamente alle censure avanzate dall’intimato, potendo semplicemente richiamare il verbale di accertamento, come avvenuto nel caso di specie.