Il Ministero del Lavoro, con la circolare n. 18 del 30 luglio 2014, ha fornito i primi chiarimenti interpretativi in materia di contratto a tempo determinato, somministrazione di lavoro e apprendistato, dopo l’entrata in vigore del Jobs Act (DL 34/2014 - L. 78/2014).
Per ciò che concerne il contratto a termine, in particolare, il Ministero ha ricordato che, sebbene sia stato definitivamente abrogato l’obbligo di indicare le ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo (ragioni giustificatrici dell’apposizione del termine), sarebbe opportuno continuare ad utilizzare le stesse in alcuni casi. Ad esempio, quando il lavoratore viene assunto a tempo determinato “per ragioni di carattere sostitutivo o di stagionalità”, l’indicazione delle causali consente l’esenzione dalle limitazioni quantitative di cui all’art. 1, comma 1, e art. 10, comma 7, del D.Lgs. 368/2001 oltre che dal versamento del contributo addizionale dell’1,4% ex art. 2, comma 29, della L. 92/2012.
Nella suddetta ipotesi, è opportuno che i datori di lavoro continuino a far risultare nell’atto scritto la ragione giustificatrice del termine ai soli fini di trasparenza.
In riferimento al limite legale del 20%, il datore di lavoro, in assenza di una diversa disciplina contrattuale applicata, è tenuto a verificare quanti rapporti di lavoro subordinato a tempo indeterminato siano vigenti alla data del 1° gennaio dell’anno di stipula del contratto o, per le attività iniziate durante l’anno, alla data di assunzione del primo lavoratore a termine. Da tale verifica devono essere esclusi i rapporti di natura autonoma o di lavoro accessorio, i lavoratori parasubordinati, gli associati in partecipazione e i lavoratori a chiamata a tempo indeterminato senza indennità di disponibilità. Si conteggiano, al contrario, i dirigenti a tempo indeterminato e gli apprendisti.
Il calcolo della base occupazionale deve essere effettuato in relazione al totale dei lavoratori complessivamente in forza in tutta l’azienda, a prescindere dall’unità produttiva in cui sono occupati i dipendenti o in cui si deve assumere.
Nel caso in cui la percentuale del 20% dia luogo ad un numero decimale, si effettuerà l’arrotondamento all’unità superiore, qualora il decimale sia uguale o superiore a 0,5.
Altra precisazione importante riguarda il numero complessivo dei contratti a tempo determinato stipulati da ciascun datore di lavoro che, per il Ministero del Lavoro, non costituisce un limite fisso ma una proporzione tra lavoratori “stabili” e lavoratori a termine. In sostanza, allo scadere di un contratto è sempre possibile stipularne un altro, finché si rispetta la percentuale massima di lavoratori a tempo determinato pari al 20%.
Nessun limite, invece, è previsto per i datori di lavoro che occupano da 0 a 5 dipendenti, per i quali è sempre possibile l’assunzione di un lavoratore a termine.
La percentuale del 20% può essere derogata, in eccesso o in difetto, dalla contrattazione collettiva, così come il criterio di calcolo della base di computo può essere rivisto dalle parti sociali diversamente dalle previsioni di legge (organico presente in azienda all’1 gennaio).
In tema di sanzioni per il superamento dei limiti quantitativi, il Ministero fornisce le istruzioni per il calcolo e chiarisce la corretta gestione dei limiti complessivi alla stipula di contratti a termine e all’utilizzazione di lavoratori somministrati. In particolare, ai fini dell’individuazione del regime sanzionatorio applicabile, nel caso in cui il superamento dei limiti sia avvenuto a causa del ricorso a contratti a tempo determinato, sarà applicabile la nuova sanzione di cui all’art. 5, comma 4-septies, del D.Lgs. 368/2001; al contrario, qualora lo “sforamento” sia dipeso dalla somministrazione, sarà applicabile la sanzione di cui all’art. 18, comma 3, del D.Lgs. 276/2003. Qualora, infine, il limite sia superato, ad esempio, di due unità, la prima assunta a tempo determinato e la seconda in somministrazione, troverà applicazione la nuova sanzione prevista dal D.Lgs. 368/2001 parametrata al 50% della retribuzione, escludendosi in ogni caso l’applicazione contestuale di entrambe le sanzioni.
In tema di proroghe del termine (5 totali con il medesimo lavoratore, entro il tetto massimo di 36 mesi, per lo svolgimento di mansioni equivalenti, indipendentemente dai rinnovi), il Ministero chiarisce che i rapporti costituiti precedentemente all’entrata in vigore del DL 34/2014 (21 marzo 2014) rimangono soggetti al previgente regime, secondo il quale il termine del contratto a tempo determinato poteva essere prorogato una sola volta e sempre che la durata iniziale del contratto fosse inferiore a 36 mesi. A tal proposito si ricorda che nell’iniziale formulazione del DL 34/2014, prima della conversione in legge, le proroghe erano ammesse fino ad 8 volte e, quindi, appare corretto l’operato dei datori di lavoro che, durante il periodo 21 marzo – 19 maggio (la legge 78/2014 è entrata in vigore il 20 maggio 2014), abbiano effettuato fino ad un massimo di 8 proroghe.
Infine, per ciò che concerne il diritto di precedenza, la circolare 18/2014 precisa che per le lavoratrici, il congedo obbligatorio di maternità intervento durante l’esecuzione di un contratto a termine presso la stessa azienda, concorre a determinare il periodo di attività lavorativa utile a conseguire il diritto di precedenza in esame.