Ispezioni: il datore non ha accesso agli atti per le dichiarazioni dei lavoratori
A cura della redazione
Il Consiglio di Stato, con la sentenza n. 5779 del 24 novembre 2014, ha ribadito che il datore di lavoro non può avere accesso agli atti relativi alle dichiarazioni rese dai lavoratori in sede ispettiva.
L’esigenza della tutela della riservatezza dei lavoratori che hanno reso dichiarazioni in sede ispettiva, infatti, assume una particolare rilevanza volta sia a prevenire eventuali ritorsioni o indebite pressioni da parte del datore di lavoro, sia a preservare, in un contesto più ampio, l’interesse generale ad un compiuto controllo della regolare gestione dei rapporti di lavoro.
Ciò alla luce della normativa costituzionale ed europea (art. 4, 32 e 36 Cost. e art. 8 CEDU), nonché in base all’art. 8 dello Statuto dei lavoratori (legge n. 300/1970), per cui si deve ritenere “in via generale prevalente, se non assorbente, la tutela apprestata dall'ordinamento alle esigenze di riservatezza delle suddette dichiarazioni, contenenti dati sensibili la cui divulgazione potrebbe comportare, nei confronti dei lavoratori, azioni discriminatorie o indebite pressioni”.
Peraltro, l’ostensione dei detti documenti non è indispensabile per curare o difendere gli interessi giuridicamente rilevanti dei datori di lavoro, considerato che la compiuta conoscenza dei fatti e delle allegazioni loro contestati risulta di norma assicurata dal verbale di accertamento relativo alle dette dichiarazioni, ferma la possibilità, in ultima istanza, di ottenere accertamenti istruttori in giudizio.
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