La Corte di Cassazione, con la sentenza 13/05/2017 n.9597, ha deciso che per poter valutare se il patto di prova sia stato o meno superato e quindi poter legittimamente recedere dal rapporto di lavoro, è necessario che nel contratto di lavoro stipulato vengano indicate in modo specifico le mansioni che dovrà svolgere il lavoratore, non essendo sufficiente un mero rinvio al CCNL applicato.

Nel caso in esame una lavoratrice, avviata obbligatoriamente ai sensi della Legge 68/1999, era stata licenziata per mancato superamento del periodo di prova. La dipendente aveva impugnato il recesso datoriale sul presupposto che doveva ritenersi illegittimo il patto di prova per indeterminazione delle mansioni affidate. Nel contratto di lavoro infatti veniva fatto un mero rinvio al sistema di classificazione unica per aree operativo funzionali del CCNL, che è articolato in otto livelli professionali. Il semplice rinvio al contratto collettivo non consentiva di comprendere a quali mansioni fosse stata adibita la lavoratrice e su quali attività lavorative dovesse svolgersi la prova.

Nel primo grado di giudizio il Tribunale ha confermato la legittimità del licenziamento, mentre la Corte d’Appello ha riformato la decisione, accogliendo la domanda proposta dalla lavoratrice.

Si è così giunti dinnanzi alla Suprema Corte che ha richiamato la pronuncia della Corte Costituzionale sul tema (sent. 255/1989) secondo cui perché il patto di prova in un contratto di lavoro stipulato con un invalido possa ritenersi legittimo, è necessario che l’esperimento riguardi mansioni compatibili con lo stato di invalidità o di minorazione fisica del lavoratore e che la valutazione dell’esito della prova non deve essere influenzata dal minor rendimento dovuto all’infermità o alle minorazioni. Inoltre il recesso datoriale deve avere un’adeguata motivazione.

In merito alla legittimità del licenziamento per mancato superamento del periodo di prova, i giudici di legittimità hanno ricordato la sentenza 189/1980, secondo cui il recesso datoriale deve ritenersi illegittimo quando risulti che non è stata consentita, per inadeguatezza della durata dell’esperimento o per altri motivi, quella verifica del suo comportamento e delle sue qualità professionali alle quali il patto di prova è preordinato, sicché il lavoratore può dimostrare il positivo superamento dell’esperimento nonché l’imputabilità del licenziamento ad un motivo illecito.

A questo si aggiunga anche che l’esercizio del controllo giudiziale sul potere di recesso datoriale in periodo di prova è possibile solo quando sono ben note e specificate fin da prima del periodo di prova stesso, le mansioni dettagliate che il lavoratore sarà chiamato ad esercitare (Cass. 13498/2003 e 17045/2005).

Pertanto, il rinvio al sistema classificatorio del CCNL può ritenersi sufficiente ad integrare il requisito della specificità dell’indicazione delle mansioni del lavoratore in prova, solo se, rispetto alla scala definitoria di categorie, qualifiche, livelli e profili professionali, il richiamo contenuto nel patto di prova sia fatto alla nozione più dettagliata.

In conclusione se la categoria di un determinato livello accorpa una serie di profili professionali, è l’indicazione del singolo profilo a soddisfare l’esigenza di specificità delle mansioni, mentre l’indicazione della solo categoria difetterebbe di tale connotazione e sarebbe generica.