La Corte di Cassazione, con la sentenza 2/07/2019 n.17706, ha ribadito il principio già consolidato secondo cui si ha intermediazione illecita ogni qual volta l'appaltatore mette a disposizione del committente una prestazione lavorativa, rimanendo eventualmente in capo a lui, datore di lavoro, i soli compiti di gestione amministrativa del rapporto (quali retribuzione, pianificazione delle ferie, assicurazione della continuità della prestazione), ma senza una reale organizzazione della prestazione stessa, finalizzata ad un risultato produttivo autonomo (Cass. 7898/2011, Cass. n. 27213/2018; n. 27105/2018; n. 10057/2016; n. 7820/2013).

Una lavoratrice si era rivolta al Tribunale affinché venisse dichiarata l’esistenza del rapporto di lavoro subordinato con la

Il giudice di primo grado non ha accolto le richieste della lavoratrice, così questa si è rivolta alla Corte d’appello che invece ha riformato la sentenza del Tribunale e ha ordinato all’azienda appaltatrice di riammetterla nel posto di lavoro.

Infatti, la Corte d’appello ha accertato, in base all'istruttoria svolta, come i dipendenti dell’appaltatrice lavorassero nei locali e con i mezzi del committente e fossero "pienamente inseriti, logisticamente e funzionalmente, nell'organizzazione predisposta da quest’ultimo, per il funzionamento del call center", senza che risultasse in capo alla appaltatrice alcun potere organizzativo e direttivo sui propri dipendenti e neanche un reale rischio di impresa, atteso che era previsto un corrispettivo fisso parametrato ad un certo numero di telefonate.

Si è così giunti davanti alla Corte di Cassazione secondo cui la sentenza impugnata ha interpretato ed applicato il disposto dell'art. 29 del d.lgs n. 276 del 2003 in maniera conforme ai principi affermati dai giudici di legittimità, secondo cui il legislatore delegato se, da un lato, ha consentito che l'appaltatore, in relazione alla peculiarità dell'opera o del servizio, possa limitarsi a mettere a disposizione dell'utilizzatore la propria professionalità, intesa come capacità organizzativa e direttiva delle maestranze, a prescindere dalla proprietà di macchine ed attrezzature, dall'altro ha ritenuto imprescindibile ai fini della configurabilità dell'appalto lecito che sia l'appaltatore stesso ad organizzare il processo produttivo con impiego di manodopera propria, esercitando nei confronti dei lavoratori un potere direttivo in senso effettivo e non meramente formale.

La Suprema Corte ha poi osservato che, una volta accertata l'estraneità dell'appaltatore alla organizzazione e direzione dei prestatori di lavoro nell'esecuzione dell'appalto, è del tutto superflua qualsiasi questione inerente il rischio economico e l'autonoma organizzazione dell'appalto, né rileva che l'impresa appaltatrice sia effettivamente operante sul mercato, atteso che, se la prestazione risulta diretta ed organizzata dal committente, per ciò solo si deve escludere l'organizzazione del servizio ad opera dell'appaltante (Cass. n. 11720/2009; n. 17444/2009; Cass. n. 9624/2008) che ha ritenuto sussistenti gli indici rivelatori della intermediazione vietata in fattispecie nella quale era stato accertato che la direzione tecnica e il controllo della prestazione lavorativa era affidata nella sostanza alla competenza esclusiva del committente mentre le società appaltatrici, lungi dall'interferire sulla organizzazione del servizio appaltato, si limitavano alla gestione dei turni, alla corresponsione della retribuzione, alla gestione delle ferie ed in genere all'amministrazione del personale.