Interdizione post partum: i giorni non goduti per parto prematuro si aggiungono ai 7 mesi
A cura della redazione
L’Ispettorato Nazionale del Lavoro ha emanato la nota n. 0000553 del 2 aprile 2021 in cui, al fine di uniformare l’attività ispettiva, ha fornito alcuni chiarimenti in merito all’emanazione dei provvedimenti di interdizione al lavoro delle lavoratrici madri in periodo successivo al parto.
Un primo aspetto riguarda il divieto di abolizione delle lavoratrici madri al trasporto e sollevamento pesi (art. 7, co. 1 del D.Lgs. n. 151/2001). Laddove non sia possibile adibire la lavoratrice ad altre mansioni, gli organi di vigilanza possono disporre l’interdizione dal lavoro della lavoratrice. Analoga interdizione può essere disposta anche quando le condizioni di lavoro o ambientali siano pregiudizievoli alla salute della donna e del bambino. A tal proposito, la nota chiarisce che anche qualora il rischio attinente il sollevamento dei pesi non sia stato espressamente valutato nel DVR, l’adibizione a tali mansioni costituirebbe comunque condizione sufficiente per il riconoscimento della tutela della lavoratrice, con la conseguente emanazione del provvedimento di interdizione da parte dell’amministrazione competente, ferma restando una valutazione circa l’impossibilità di adibizione ad altre mansioni.
Quanto al termine finale che gli ispettori devono indicare nel provvedimento di interdizione post partum nelle ipotesi di parto prematuro, la nota precisa che si aggiungono al termine di interdizione prorogata tutti i giorni compresi tra la data del parto e la data presunta del parto.
Da ultimo, l’INL afferma che anche nei casi di pronuncia giurisdizionale dichiarativa del diritto all’interdizione dal lavoro della lavoratrice madre, è comunque necessaria l’emanazione da parte dell’ITL del relativo provvedimento amministrativo di interdizione. Per quanto attiene, invece, alla richiesta nei confronti dell’Istituto previdenziale per l’erogazione dell’indennità sostitutiva, occorre che la lavoratrice inoltri sempre un’apposita istanza all’INPS, in quanto la sentenza dichiarativa del diritto non sostituisce l’atto provvedimentale della PA inteso quale presupposto necessario per l’erogazione della relativa indennità.
Riproduzione riservata ©