Infortunio: l’onere della prova è ripartito
A cura della redazione
Secondo la Corte di Cassazione (Ordinanza 24 agosto 2023 n. 25217), in caso di infortunio sul lavoro accorso ad un lavoratore domestico, spetta al dipendente allegare e provare l’esistenza dell’obbligazione lavorativa, del danno ed il nesso causale di questo con la prestazione di lavoro, mentre spetta al datore di lavoro provare che il danno è dipeso da causa a lui non imputabile e cioè di aver adempiuto al suo obbligo di sicurezza, apprestando tutte le misure per evitare il danno.
Nel caso in esame una lavoratrice domestica aveva subito un infortunio (caduta dalle scale) mentre procedeva alla rimozione delle tende e aveva chiesto il risarcimento dei danni al Tribunale del lavoro.
Sia in primo che in secondo grado le sue doglianze non sono state accolte poiché secondo i giudici di merito il lavoratore che agisce per il riconoscimento del risarcimento del danno per infortunio sul lavoro deve provare oltre al fatto costituente l’inadempimento anche l’esistenza di un nesso di causalità tra l’inadempimento ed il danno alla salute subito.
La lavoratrice si è quindi rivolta alla Corte di Cassazione.
La Suprema Corte ha richiamato l’art 1218 c.c. secondo cui il debitore (datore di lavoro) deve provare che l’inadempimento derivi da causa a lui non imputabile. Comunemente si dice che la colpa del debitore si presume fino a prova contraria o più propriamente che esista un inversione dell’onere probatorio, nel senso che il debitore è ammesso a provare l’assenza di colpa, pur sempre elemento essenziale della sua responsabilità contrattuale.
Nel rapporto di lavoro, a fronte di un infortunio o di una malattia professionale, questo assunto di traduce nella facoltà per l’attore (lavoratore) di invocare la responsabilità contrattuale del datore provando il rapporto di lavoro, l’attività svolta, l’evento dannoso e le conseguenze che ne sono derivate. Non spetta invece al lavoratore provare la colpa del datore danneggiante, né individuare le regole violate, né le misure cautelari che avrebbero dovuto essere adottate per evitare l’evento dannoso.
La responsabilità del datore di lavoro discende dunque pur sempre dalla violazione di regole a contenuto cautelare. Non si potrà automaticamente desumere l’inadeguatezza delle misure di protezione adottate per il solo fatto che si sia verificato un danno.
Certamente, il verificarsi dell’infortunio o della malattia non implica necessariamente la colpa ma semplicemente lo fa presumere. Di tale violazione il datore non risponde solo se prova di aver adempiuto, ossia di aver adottato tutte le misure prescritte.
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