Gli immigrati rivestono un ruolo fondamentale nella forza lavoro del nostro Paese contribuendo in modo significativo al sistema produttivo nazionale, spesso però si trovano in situazioni di irregolarità, di incertezza e sfruttamento lavorativo. È inoltre molto frequente fra loro il fenomeno della “sovra-qualificazione” ovvero la condizione in cui una persona svolge un lavoro che richiede una preparazione intellettuale o tecnica inferiore a quella posseduta.

Nell’ultimo numero di Dati INAIL, si valuta l’andamento degli infortuni e delle malattie professionali per questa categoria di lavoratori, con riferimento alle nazionalità interessate, ai settori più coinvolti e ai differenti tassi di ogni Regione.

Cosa tratta

Nel mondo 281 milioni di persone vivono fuori dal paese di origine e di questi 169 milioni sono lavoratori.

Nel nostro Paese i residenti stranieri sono quasi 5,2 milioni con un’incidenza pari all’8,8% sul totale della popolazione e provengono da:

  • Romania (il 20,8%);
  • Albania (l’8,4%);
  • Marocco (l’8,3%);
  • Cina (il 6,4%);
  • Ucraina (il 4,6%).

Nel corso dell’ultimo quinquennio, l’incidenza percentuale dei lavoratori stranieri sul totale è aumentata passando dal 15,4% del 2017 al 18,2% del 2021.

Gli stranieri hanno un tasso di occupazione leggermente più basso di quello degli italiani (57,8% contro il 58,3%) e un tasso di disoccupazione più alto (14,4% contro il 9,0%).

Manovali, braccianti, camerieri, facchini, trasportatori, addetti alle pulizie sono le professioni in cui sono impiegati gli stranieri (63,8% degli stranieri in professioni non qualificate o operaie, contro il 31,7% degli italiani), un terzo sono laureati (contro il 2,2% degli italiani), oltre a possedere un titolo di studio più alto rispetto al lavoro che svolgono (un terzo degli stranieri rispetto a meno di un quarto degli italiani), sono impiegati a termine (dipendenti a tempo determinato o collaboratori) o in part-time involontario.

Prendendo in considerazione gli anni dal 2017 al 2021 si segnala che le denunce di infortunio dei nati all’estero, sia per il genere maschile che femminile, stanno ritornando ai livelli ante pandemia: in particolare per gli uomini è evidente un incremento dopo il calo avvenuto con le chiusure delle attività durante la pandemia mentre per le donne è evidente un decremento, dopo il periodo di numerose denunce per infezione da Sars-Cov2.

I decessi sul lavoro nel 2021 sono aumentati del 18,5% rispetto al 2017, sia per gli italiani che per gli stranieri, anche se va segnalato un calo per entrambe le tipologie di circa il 17% rispetto al 2020.

Le denunce di infortunio in generale sono distribuite territorialmente in questo ordine:

  • Nord (circa 75%);
  • Centro (circa 17%);
  • Mezzogiorno (circa 6,5%).

Romeni, albanesi e marocchini sono le comunità più colpite da incidenti sul lavoro con il 36% delle denunce del 2021 e il 57% risulta avere un’età compresa tra i 30 e i 49 anni.

Per quanto riguarda le malattie professionali, data la loro stessa natura caratterizzata da lunghi periodi di latenza, per i lavoratori stranieri potrebbe essere più difficile valutare e riconoscere una tecnopatia a causa delle molteplici esposizioni professionali dovute ai diversi rapporti di lavoro, da ricondursi anche al Paese di provenienza.

Il 7,5% del totale delle malattie professionali denunciate (4.136 casi) afferisce a soli lavoratori stranieri con un incremento del 31,6% (erano 3.142) rispetto all’anno precedente, con un aumento per i non comunitari rispetto ai comunitari nel biennio 2020-2021.

Sia per i lavoratori stranieri che italiani è la gestione dell’Industria e servizi a registrare il maggior numero di tecnopatie (92,5% per i primi e 81,7% per i secondi).

L’area Nord del Paese, con circa il 49% dei casi, si conferma, per il 2021, quella con un maggior numero di denunce di malattie per i lavoratori stranieri seguita dal Centro (36,7%) e con il 14,6% dal Mezzogiorno.

La maggior parte delle patologie denunciate dagli stranieri ha riguardato le malattie del sistema osteo-muscolare e del tessuto connettivo (77,7%) che, insieme a quelle del sistema nervoso e dell’orecchio, raggiungono complessivamente il 95,1% del totale delle denunce.

Quando entra in vigore

La scheda rappresenta esclusivamente uno strumento informativo che non ha valore di disposizione legislativa ma è inevitabile il riferimento all’importanza dell’analisi degli infortuni e delle malattie professionali dei lavoratori stranieri per sensibilizzare su un tema ancora troppo sottovalutato.

Indicazioni operative

Il Testo Unico sulla salute e sicurezza sul lavoro ha consolidato ormai da anni l’importanza della considerazione dei lavoratori stranieri all’interno della valutazione dei rischi, obbligo inderogabile in capo al Datore di Lavoro.

Infatti, secondo l’art. 28 “Oggetto della valutazione dei rischi”, la valutazione “deve riguardare tutti i rischi per la sicurezza e la salute dei lavoratori, ivi compresi quelli riguardanti gruppi di lavoratori esposti a rischi particolari, tra cui anche quelli collegati allo stress lavoro-correlato, secondo i contenuti dell’Accordo Europeo dell’8 ottobre 2004, e quelli riguardanti le lavoratrici in stato di gravidanza, secondo quanto previsto dal decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151(N), nonché quelli connessi alle differenze di genere, all’età, alla provenienza da altri Paesi e quelli connessi alla specifica tipologia contrattuale attraverso cui viene resa la prestazione di lavoro […]”.

La valutazione deve infatti tenere conto di quelli che sono gli ostacoli per un lavoratore straniero, come:

  • difficoltà linguistiche;
  • percezione culturale che si ha del pericolo e dell’esposizione a esso;
  • livello di comprensione e accettazione del rischio;
  • elementi legati alla cultura e alla religione (es. ramadan);
  • attribuzione di stereotipi e pregiudizi da parte dei colleghi.

Il datore di lavoro dovrebbe pertanto attivarsi adottare le misure tecniche e organizzate atte a tale scopo, tra cui sicuramente:

  1. favorire l’inclusione sociale, supportando l’integrazione e il dialogo con momenti di confronto tra colleghi;
  2. supporto e supervisione da parte di colleghi esperti nella comprensione del lavoro e di tutto ciò che ruota attorno all’ambiente di lavoro,
  3. attività di formazione, informazione, addestramento adeguati e, come riportato dall’art. 37 comma 13, “ove la formazione riguardi lavoratori immigrati, essa avviene previa verifica della comprensione e conoscenza della lingua veicolare utilizzata nel percorso formativo”.


In allegato la scheda DATI INAIL per ulteriori dettagli.