La Corte di Cassazione, con la sentenza 17/06/2019 n.16176, ha deciso che la lavoratrice madre che si dimette durante l’anno dell’adozione del figlio, ha diritto di fruire dell’indennità di preavviso indipendentemente dalle motivazioni delle dimissioni, incluso l’aver trovato un nuovo datore di lavoro.

Nel caso in esame una lavoratrice aveva rassegnato le dimissioni entro il primo anno di ingresso in famiglia del minore dalla stessa adottato chiedendo che gli venisse riconosciuto il pagamento dell’indennità sostitutiva del preavviso, così come previsto dall’art. 55, cc. 1 e 3 del D.Lgs. 151/2001.

L’azienda ha motivato la mancata erogazione dell’indennità sostenendo che la lavoratrice si era dimessa semplicemente per aver trovato una diversa attività lavorativa.

Entrambi i giudici di merito hanno dato ragione alla lavoratrice sostenendo che la ratio del legislatore è quella di prevedere tale indennizzo in funzione dell’indispensabile cura della prole, ritenuta dalla lavoratrice stessa incompatibile con la conservazione del posto di lavoro sino a quel momento occupato. Pertanto non sono consentite valutazioni riguardo alla maggiore o minore vantaggiosità di scelte lavorative alternative attuate dalla dipendente in esito alle dimissioni. Ciò infatti implicherebbe non disinteressati apprezzamenti del datore di lavoro svincolati da criteri obiettivi e certi e peraltro di impossibile predeterminazione.

Si è così arrivati davanti alla Suprema Corte, la quale ha richiamato l’orientamento prevalente (Cass. Sent. n. 4919/2014, n.8970/1995 e n.11164/1991) secondo cui in caso di dimissioni volontarie nel periodo in cui opera il divieto di licenziamento, la lavoratrice madre ha diritto alle indennità previste dalla legge o dal contratto in caso di licenziamento, ivi compresa l’indennità sostitutiva del preavviso, indipendentemente dal motivo delle dimissioni e quindi anche nell’ipotesi in cui essere risultino preordinate all’assunzione della lavoratrice alle dipendenze di un altro datore di lavoro.

L’unico limite che incontra l’interesse della lavoratrice a rassegnare le dimissioni è l’abuso del diritto, che non può individuarsi nel reperimento di una nuova occupazione.