La Corte Costituzionale, con un comunicato stampa del 24/02/2021, ha anticipato la sentenza con la quale dichiarato l’incostituzionalità dell’art.18, c. 7 dello Statuto dei lavoratori nella parte in cui attribuisce al giudice di merito la facoltà di ristorare il lavoratore con un indennizzo economico omnicomprensitvo in luogo della reintegra sul luogo di lavoro, in caso di licenziamento intimato per un giustificato motivo oggettivo manifestamente non sussistente.

In breve il giudice non può scegliere se ordinare l’erogazione di un indennizzo economico al lavoratore oppure la reintegra.

La Consulta ha così condiviso la posizione del Tribunale di Ravenna che aveva sollevato la questione di legittimità costituzionale, dichiarando l’illegittimità dell’articolo 18, co. 7 della legge n. 300/70 nella parte in cui prevede la «facoltà» e non il «dovere» del giudice di reintegrare il lavoratore licenziato in assenza di giustificato motivo oggettivo.

In particolare, la questione riguarda la diversa tutela approntata dall’articolo 18 nella versione in vigore dal 18 luglio 2012 (dopo l’entrata in vigore della legge n. 92/2012). Il comma 4 dell’articolo 18 prevede che il giudice debba sempre ordinare la reintegra sul posto di lavoro (oltre al risarcimento) nell’ipotesi in cui accerti la manifesta insussistenza del fatto posto a base del licenziamento per giustificato motivo soggettivo o per giusta causa.

Lo stesso rimedio non è previsto invece al comma 7 dell’art. 18 nell’ipotesi in cui il giudice accerti la manifesta insussistenza del fatto posto a base del licenziamento per giustificato motivo oggettivo. In questo caso il giudice può scegliere se disporre la reintegra sul posto di lavoro oppure se condannare il datore di lavoro al pagamento di un indennizzo economico onnicomprensivo confermando il licenziamento.

Secondo il Tribunale di Ravenna la facoltà lasciata al giudice viola la Costituzione perché tratta “in modo ingiustificatamente differenziato situazioni identiche, ossia il licenziamento per giusta causa e quello economico”.

Una differenza di trattamento che è determinata, secondo il Tribunale, da una mera, insindacabile e libera scelta del datore di lavoro di qualificare in un modo o in un altro il licenziamento, cioè come giusta causa o come giustificato motivo oggettivo” pregiudicando così la tutela azionabile dal lavoratore in caso di motivazione manifestamente insussistente.

La Corte Costituzionale ha condiviso il ragionamento del Tribunale dichiarando la questione fondata con riferimento all’articolo 3 della Costituzione. La Corte ha ritenuto che sia irragionevole – in caso di insussistenza del fatto – la disparità di trattamento tra il licenziamento economico e quello per giusta causa: in quest’ultima ipotesi è previsto l’obbligo della reintegra mentre nell’altra è lasciata alla discrezionalità del giudice la scelta tra la stessa reintegra e la corresponsione di un’indennità.