E’ stato pubblicato sulla G.U. n. 301/2023, il D.lgs. 27 dicembre 2023 n. 209, meglio noto come Decreto sulla fiscalità internazionale, che tra le varie novità prevede un nuovo regime per i lavoratori impatriati ossia per i soggetti che trasferiscono la residenza fiscale in Italia a decorrere dal periodo d’imposta 2024.

In particolare l’art.5 prevede che i redditi di lavoro dipendente, i redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente, i redditi di lavoro autonomo prodotti in Italia da lavoratori che trasferiscono la residenza nel territorio dello Stato ai sensi dell'articolo 2 del TUIR, entro il limite di 600.000 euro concorrono alla formazione del reddito complessivo limitatamente al 50% (in luogo del 30% previsto dalla previgente disciplina) del loro ammontare, nel rispetto del de minimis, al ricorrere delle seguenti condizioni:

a) i lavoratori si impegnano a risiedere fiscalmente in Italia per un periodo di tempo pari almeno a 4 anni;

b) i lavoratori non sono stati fiscalmente residenti in Italia nei tre periodi d’imposta precedenti il loro trasferimento. Se il lavoratore presta l’attività lavorativa nel territorio dello Stato in favore dello stesso soggetto presso il quale è stato impiegato all’estero prima del trasferimento oppure in favore di un soggetto appartenente al suo stesso gruppo, il requisito minimo di permanenza all’estero è di:

1) sei periodi d’imposta, se il lavoratore non è stato in precedenza impiegato in Italia in favore dello stesso soggetto oppure di un soggetto appartenente al suo stesso gruppo;

2) sette periodi d’imposta, se il lavoratore, prima del suo trasferimento all’estero, è stato impiegato in Italia in favore dello stesso soggetto oppure di un soggetto appartenente al suo stesso gruppo;

c) l’attività lavorativa è prestata per la maggior parte del periodo d’imposta nel territorio dello Stato;

d) i lavoratori sono in possesso dei requisiti di elevata qualificazione o specializzazione.

Le agevolazioni si applicano nel periodo di imposta in cui è avvenuto il trasferimento della residenza fiscale nel territorio dello Stato e nei quattro periodi d’imposta successivi.

Possono accedere all’agevolazione, i cittadini italiani iscritti all'AIRE ovvero coloro che hanno avuto la residenza in un altro Stato ai sensi di una convenzione contro le doppie imposizioni sui redditi.

La predetta agevolazione del 50% è ridotta al 40% se il lavoratore che si trasferisce ha un figlio minorenne oppure in caso di nascita o adozione di un minore di età durante la fruizione del regime agevolato. Il figlio deve mantenere la residenza in Italia durante tutto il periodo agevolato.

Viene quindi abrogata la vigente disciplina dei lavoratori impatriati (articolo 16 del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 147, e articolo 5, commi 2-bis, 2-ter e 2-quater, del decreto-legge 30 aprile 2019, n. 34). Tuttavia, tali disposizioni continuano a trovare applicazione nei confronti dei soggetti che hanno trasferito la loro residenza anagrafica in Italia entro il 31 dicembre 2023 ovvero, per i rapporti di lavoro sportivo, a beneficio di coloro che hanno stipulato il relativo contratto entro la stessa data.

La nuova disciplina non ripropone la maggiorazione dell’agevolazione (detassazione del 90% del reddito) per i lavoratori impatriati che si trasferiscono nelle regioni del Mezzogiorno.

L’art. 6 invece stabilisce che i redditi derivanti da attività di impresa e dall’esercizio di arti e professioni esercitate in forma associata, svolte in un Paese estero non appartenente all’Unione europea o allo Spazio economico europeo, trasferite nel territorio dello Stato, non concorrono a formare il reddito imponibile ai fini delle imposte sui redditi e il valore della produzione netta ai fini dell’imposta regionale sulle attività produttive per il 50 per cento del relativo ammontare nel periodo di imposta in corso al momento in cui avviene il trasferimento e nei cinque periodi di imposta successivi.

L’art. 4 del D.lgs. 209/2023 reca una disposizione di carattere generale che consente di applicare gli incentivi fiscali, compresi quelli già vigenti, in favore dei titolari di reddito di impresa o di lavoro autonomo aventi la sede o la stabile organizzazione in Italia solo se compatibili con la normativa europea in materia di aiuti di Stato e se debitamente autorizzati dalla Commissione europea.

Tra le altre novità del provvedimento si segnala (artt. 1 e 2) che viene sostituito il comma 2 dell’articolo 2 del TUIR in materia di residenza fiscale delle persone fisiche, prevedendo che, ai fini delle imposte sui redditi, si considerano residenti le persone che per la maggior parte del periodo d’imposta, considerando anche le frazioni di giorno, hanno il domicilio o la residenza nel territorio dello Stato ovvero che sono ivi presenti. Ai fini dell’applicazione della disposizione in esame, per domicilio si intende il luogo in cui si sviluppano, in via principale, le relazioni personali e familiari della persona. Salvo prova contraria, si presumono altresì residenti le persone iscritte per la maggior parte del periodo di imposta nelle anagrafi della popolazione residente.

Viene altresì modificato il comma 3 dell’articolo 73 del TUIR in materia di residenza delle persone giuridiche, prevedendo che, ai fini delle imposte sui redditi, si considerano residenti le società e gli enti che per la maggior parte del periodo di imposta hanno nel territorio dello Stato la sede legale o la sede di direzione effettiva o la gestione ordinaria in via principale. Per sede di direzione effettiva si intende la continua e coordinata assunzione delle decisioni strategiche riguardanti la società o l’ente nel suo complesso. Per gestione ordinaria si intende il continuo e coordinato compimento degli atti della gestione corrente riguardanti la società o l’ente nel suo complesso.