La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 5523 dell’8 marzo 2018, ha confermato che deve essere considerato illegittimo un licenziamento in cui la prova della condotta irregolare del lavoratore è costituita solo dal contenuto delle sue e-mail aziendali, nonché da dichiarazioni provenienti da soggetti direttamente coinvolti nella vicenda e quindi inattendibili perché interessati ad un certo esito della lite.

La vicenda era relativa ad un dirigente che, secondo le indagini interne, aveva violato la procedura aziendale relativa alle “rivalutazioni di magazzino”, favorendo l’accredito di somme non dovute in favore di alcune società commerciali partner. La prova di tale condotta era stata fornita, oltre che con le dichiarazioni non attendibili di alcuni soggetti coinvolti, dalle e-mail aziendali del lavoratore.

Tuttavia, come ribadito dalla Corte, deve essere esclusa la valenza probatoria della mail ordinaria, sul presupposto di una possibilità astratta di alterazione, non trattandosi di corrispondenza elettronica certificata o sottoscritta con firma digitale che garantisce l’identificabilità dell’autore e la sua integrità ed immodificabilità.