La Corte di Cassazione, con la sentenza 2/11/2015 n.22353, ha deciso che è illegittimo il licenziamento del lavoratore che ha utilizzato per scopi personali l’email aziendale e la navigazione in internet, se questo non ha determinato una significativa sottrazione del tempo di lavoro né ha realizzato un blocco del lavoro, con grave danno per l’attività produttiva.

Nel caso esaminato dai giudici di legittimità un lavoratore era stato licenziato per giusta causa per aver utilizzato impropriamente gli strumenti di lavoro aziendali ed in particolare il personal computer in dotazione, le reti informatiche aziendali e la casella di posta elettronica.

Secondo la Suprema Corte in questo caso trova applicazione la sanzione conservativa prevista dal contratto collettivo applicato dall’azienda e non quella più grave del licenziamento.

A nulla rileva che il datore di lavoro prima di contestare il fatto al lavoratore avesse inoltrato ai dipendenti un’informativa con la quale veniva chiesto un uso più attento della strumentazione aziendale. Infatti il riferimento a precedenti informazioni e preavvisi non prospetta una violazione di distinti e più gravi obblighi rispetto alla fattispecie prevista contrattualmente, ma rileva solo ai fini della valutazione della gravità dell’inadempimento. 

Inoltre il fatto che la condotta tenuta dal dipendente sia stata reiterata non significa che questa esorbiti dalla previsione dell’utilizzo improprio, locuzione questa che può intendersi anche come riferita ad un impiego protratto nel tempo. 

E’ stata quindi esclusa la giusta causa del licenziamento anche perché dalla perizia effettuata è risultato difficile quantificare dal punto di vista temporale l’utilizzo personale della posta elettronica e della navigazione in internet. Inoltre pur riscontrando la presenza di file di natura multimediale non legati all’attività lavorativa e l’installazione di alcuni programmi coperti da copyright, non è stata accertata l’utilizzazione oltre il periodo concesso come dimostrativo.