La Corte di Cassazione, con la sentenza 26/01/2006 n.1550, ha deciso che il collocamento in CIGS deve considerarsi illegittmo nel caso in cui non sia avvenuta preventivamente la comunicazione alle organizzazioni sindacali dei criteri di scelta dei lavoratori. La Suprema Corte ha infatti richiamato l'art. 1, settimo comma, della legge n. 223/91 secondo cui i criteri di individuazione dei lavoratori da sospendere devono formare oggetto della comunicazione e dell'esame congiunto previsti dall'art. 5 della legge n. 164/75. Questi criteri non devono essere generici né basati su fattori discrezionali e non verificabili. Infatti la comunicazione dei criteri è stata prevista per assolvere a una duplice funzione, essendo diretta, per un verso, a porre le Organizzazioni Sindacali in grado di concordare la scelta dei lavoratori da sospendere e, per un altro verso, ad assicurare la tutela degli interessi dei lavoratori in relazione alla crisi dell'impresa. La violazione dell'obbligo della comunicazione da un lato, integra una vera e propria ipotesi di condotta antisindacale, che può formare oggetto dell'azione prevista dall'art. 28 Sta. Lav. e, dall'altro, investendo un elemento essenziale della complessa fattispecie, è causa diretta di illegittimità del provvedimento finale, perché preclude la verifica del corretto esercizio del potere del datore di lavoro e impedisce il perseguimento dello scopo previsto dalla legge. Pertanto considerato che l'atto conclusivo del procedimento ossia il decreto di concessione dell'integrazione salariale immediatamente determina la sospensione delle contrapposte prestazioni che formano il contenuto del rapporto di lavoro nel senso che il lavoratore sospeso non è obbligato a svolgere la prestazione lavorativa e contemporaneamente il datore di lavoro non è tenuto a corrispondere la retribuzione, l'inosservanza della suddetta garanzia precedimentale, implicante la mancata attuazione del principio di trasparenza, incide direttamente sul medesimo provvedimento finale di concessione del beneficio.