La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 21090 del 29 luglio 2024, si è occupata della questione attinente la sindacabilità o meno, da parte del giudice tributario, del contratto di appalto certificato ai sensi degli artt. 75 e ss. del D.Lgs. n. 276/2003.

Nel caso esaminato, l’amministrazione finanziaria aveva riqualificato due contratti di appalto in contratti di somministrazione di manodopera, in ragione della rilevata assenza di autonomia organizzativa, nonché della riscontrata mancata assunzione del rischio di impresa. I rapporti intrattenuti dalla contribuente venivano così ritenuti riconducibili non a prestazioni di servizi e come tali fatturate dalla cooperativa a fini IVA, bensì a semplici somministrazioni di manodopera da parte dei dipendenti della cooperativa. Per l'effetto, l'Amministrazione finanziaria riteneva che le prestazioni fatturate andassero qualificate come relative ad un mero rimborso dei costi relativi al personale impiegato dalla cooperativa, e non fossero soggette ad IVA per mancanza del presupposto oggettivo di imposta ai sensi dell'art. 3 del D.P.R. 633/1972. Venivano, quindi, recuperate a tassazione le deduzioni dalla base imponibile IRAP dei costi per il personale fittiziamente configurati quali prestazioni di servizi, nonché la detrazione della relativa IVA.

La contribuente ricorreva in Cassazione ritenendo violate le disposizioni di cui agli artt. 75 e ss. del D.Lgs. n. 276/2003, in quanto doveva ritenersi illegittima l’autonoma riqualificazione del contratto certificato da parte dell’Amministrazione Finanziaria, in assenza di attivazione delle speciali procedure previste dalle richiamate disposizioni.

Le norme menzionate prevedono, infatti, che l’atto di certificazione e i relativi effetti dell’accertamento compiuto hanno efficacia, sia verso le parti stesse che verso i terzi, fino al momento in cui venga accolto con sentenza di merito, un eventuale ricorso.

Tuttavia, come ampiamente argomentato nell’ordinanza, un piano è quello della qualificazione civilistica del contratto, altro piano è quello dell’obbligazione tributaria.

Per questo motivo, il principio di diritto espresso dalla Corte afferma che l’esercizio del potere/dovere del giudice tributario di qualificare l’operazione economica sottostante il contratto, anche sulla base dell’esecuzione dello stesso, e di pronunciarsi sull’obbligazione tributaria instauratasi al verificarsi di un atto o fatto rilevatore di capacità contributiva ex art. 53 Cost., non è precluso dalla certificazione del contratto di cui agli artt. 75 e ss. D.Lgs. n, 276/2003 e dalla mancata impugnazione di tale certificazione davanti al giudice ordinario in funzione di giudice del lavoro.