Il comportamento del rappresentante sindacale puo' costituire giusta causa di licenziamento se supera i limiti della correttezza formale.
A cura della redazione
Con la sentenza n. 7091 del 24 maggio 2001, la Sezione Lavoro della Corte di Cassazione ha stabilito che l'esercizio del diritto di critica delle decisioni aziendali, anche se effettuato dal lavoratore che è investito della carica di rappresentante sindacale, deve rispettare i limiti di correttezza formali che sono imposti dall'esigenza di tutela della persona umana (art.2 Cost.). Nel caso di specie il Rappresentante Sindacale aveva distribuito dei volantini dal contenuto satirico all'esterno della Italcementi S.p.A., manifestando le proprie critiche nei confronti di alcune decisioni aziendali.
La Suprema Corte, con questa decisione, ha pertanto stabilito che, qualora i limiti imposti dal sopra citato art.2 Cost. siano superati mediante l'attribuzione all'impresa datoriale od ai suoi rappresentanti di qualità apertamente disonorevoli nonché volgari ed infamanti, il comportamento del lavoratore può costituire giusta causa di licenziamento, sebbene manchino degli elementi soggettivi ed oggettivi costitutivi della fattispecie penale della diffamazione.