La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 865 del 23 gennaio 2012, ha stabilito che il valore del buono mensa che il datore di lavoro consegna ai propri dipendenti e che non ha un valore monetario spendibile in altri esercizi pubblici, come nel diverso caso dei buoni pasto, non è imponibile dal punto di vista contributivo.
Nel caso in esame, la società aveva concluso apposito contratto di ristorazione con un gestore di mense aziendali. Utilizzando i tagliandi appositamente emessi dal datore di lavoro ed intestati alla società di fruizione del pasto, i dipendenti si avvalevano del servizio mensa con menù a prezzo prefissato. Il predetto tagliando, pertanto, era utilizzabile dal dipendente solo con la modalità descritta, non recando l’espressa indicazione di un valore monetario. Lo stesso non era negoziabile per la consumazione dei pasti presso pubblici esercizi e nemmeno cedibile, convertibile o cumulabile. Il tagliando costituiva, così, l’unico ed esclusivo titolo di legittimazione per fruire del servizio predisposto dal datore di lavoro con modalità diverse dalle mense tradizionali nella sede aziendale. Trattandosi, pertanto, a tutti gli effetti di servizio mensa, seppure con le particolari caratteristiche descritte, è confermata l’applicabilità della regola della non imponibilità contributiva.