Al mutare delle condizioni di lavoro e dei processi lavorativi, occorre osservare anche il mutare delle caratteristiche della popolazione lavorativa, sotto importanti aspetti di carattere sociale, economico e demografico. Già nel 2016,  la Cgia di Mestre scriveva che l’età media degli occupati in Italia era di 44 anni, contro una media di 42 registrata nei principali paesi Ue. Nei paesi Ocse circa il 60% delle persone di età compresa tra 50 e 64 anni risulta essere occupato, con differenze tra i vari paesi UE. L’ Europa fa i conti e soprattutto vedrà la forza lavoro più anziana del mondo. Negli ultimi 20 anni, l’età media dei lavoratori italiani è salita di 5 anni, un incremento che in nessun altro paese stato così rilevante. Nel frattempo gli indici di mortalità sono diventati veramente preoccupanti e il segnale di allarme appare chiaro. 

Cosa Tratta :
Negli ultimi anni il fenomeno dell’invecchiamento lavorativo è sempre più evidente nei paesi occidentali e l’OMS definisce

1. Lavoratore che invecchia (AGING) colui che supera i 45 anni (circa 7 milioni in Italia nel 2021)

2. Lavoratore anziano (AGED) chi ha oltre 55 anni. (circa 5 milioni in Italia nel 2021).

D’altra parte anche il D.lgs. 81/2008, prescrive (art. 28) ai datori di lavoro di effettuare la valutazione dei rischi considerando anche alcune caratteristiche individuali dei lavoratori come l’età, con la finalità di adeguare quanto più possibile il lavoro all’uomo e non viceversa.
Si stima che nel 2025 i lavoratori di età compresa tra 50 e 64 anni saranno il 35 % della popolazione lavorativa europea, pari al doppio dei minori di 25 anni.

Entro il 2030 la fascia di età degli ultra cinquantenni (50-64) sarà destinata a diventare la più rappresentata lavorativamente, e i problemi di sostenibilità economica (ma anche sanitaria e pensionistica) diventeranno evidenti rendendo di conseguenza necessaria la maggior durata della vita lavorativa, con altrettanti problemi di carattere tecnico pratico. Dal punto di vista antinfortunistico invece i problemi ci sono e sono palesi. (anno 2021)

Casi di morte sul lavoro in Italia per età
 Fasce d'età considerate Indici di incidenza sugli occupati*  % sul totale  n° casi Occupati annuali**
Inferiore a 15 anni - 0,0% 0 -
Da 15 a 24 anni 27,3 2,8% 27 988.574
Da 25 a 34 anni 13,0 5,2% 51 3.918.355
Da 35 a 44 anni 20,2 11,8% 115 5.682.093
Da 45 a 54 anni 42,2 30,5% 297 7.037.435
Da 55 a 64 anni 82,0 38,7% 377 4.596.223
Uguale o superiore a 65 anni 155,6 10,9% 106 681.082
Totale     973 22.903.762
Fonte: Dati INAIL, elaborazione a cura dell'Osservatorio sicurezza sul lavoro Vega Engineering


Se andiamo a consultare i numeri degli infortuni mortali, ci si accorge che il 49.7 % degli incidenti mortali arriva dalle classi di età 55-64 e superiore a 64 anni (AGED), ma a fronte di un numero di lavoratori pari al 23 % del totale. (5,2 milioni su 22, 9 milioni.). Numeri sconcertanti, la metà dei morti italiani, sono fatti da meno di un quarto della popolazione lavorativa attiva, dipendente, assicurata. (Non ci sono dati certi, sulle partite IVA, sui militari, sui non assicurati né chiaramente sul lavoro nero ecc.).

Se aggiungiamo il dato degli AGING quindi dai 45 ai 55 anni ai già considerati AGED (>55), si raggiunge l’80% degli infortuni mortali a fronte del 54 % della popolazione lavorativa. Il problema esiste.
Nulla di nuovo e soprattutto nulla che non fosse già conosciuto, così come sono ben note le soluzioni.In passato (2012) proprio per provare ad invertire queste tendenze una campagna europea (OSHA) chiamata non a caso “Invecchiamento attivo e solidarietà tra le generazioni” aveva già tracciato il percorso indicando un orizzonte di azioni e campi d’azione prioritari ( che rimangono valide ed attualissime) :

  • Cambiare l’atteggiamento verso l’invecchiamento;
  • Introdurre l’aggiornamento permanente;·       
  • Formare i dirigenti sulle problematiche dell’invecchiamento;·       
  • Adattare il lavoro all’età e renderlo più flessibile;
  • Adattare i servizi sanitari alle esigenze di una popolazione che invecchia su uno sfondo di leggi contro la discriminazione dell’anziano (assunzioni, licenziamenti) e di una cultura diffusa ai vari interlocutori.

Emerge dallo studio del 2012, infatti, la centralità della valutazione sulla persona e non sul solo rischio.
Occorre integrare l’approccio più scientifico della valutazione basata sui soli modelli e parametri di quantificazione), ma di fatto  limitata ai soli fattori di nocività più conosciuti e indagati in quanto chiaramente normati, con la considerazione di altri fattori, per lo più minimizzati, (anche per la mancanza ad oggi di limiti e parametri oggettivi) quali l’organizzazione del lavoro, le relazioni, i tempi, le competenze, lo stato di salute, che nella analisi dei rischi in relazione all’età assumono una rilevanza ineludibile.
Ai fini della valutazione  è necessario definire bene, quello che prima era solo un consiglio :  una mappa descrittiva dei compiti, delle mansioni, dei ruoli con particolare attenzione ad identificare la distribuzione per età, ad esempio sopra e sotto i 45 anni. Anche il ruolo del medico competente dovrebbe essere centrale nell’ analisi e nella conseguente definizione dei compiti lavorativi e dei rischi correlati, soprattutto in relazione ad eventuali già presenti limitazioni/prescrizioni di lavoratori anziani. Un utile strumento a disposizione sia di RSPP, che per i valutatori e i medici competenti per la misura e il successivo monitoraggio della capacità lavorativa, soprattutto nella popolazione AGED ma anche AGING, può essere il questionario per la valutazione del Work Ability Index messo a punto da J. Ilmarinen nel 2007.Tradotto in italiano da più parti, in questi anni di applicazione si è dimostrato capace di individuare concretamente i soggetti più fragili e quelli che invece necessitano di interventi più mirati.
In tutto questo contesto, recenti studi (IWH), descrivono come i lavoratori più anziani, preoccupati per la privacy, la reputazione e soprattutto la perdita del posto di lavoro, non siano inclini (ed anzi piuttosto riluttanti)  a chiedere supporto/aiuti in caso di necessità. La difficoltà a trovare un nuovo lavoro in caso di perdita, unita a stipendi di norma più alti (a causa dell’anzianità) aumentano di fatto questa riluttanza a condividere informazioni e manifestare esigenze
 

A chiudere

E’ di fondamentale importanza porre maggiore attenzione e una giusta considerazione della variabile ETA’ sia nel processo di valutazione dei rischi che nella gestione organizzativa e operativa quotidiana dei lavoratori AGED e AGING.I dati descritti, manifestano come il peso del fattore ETA’ diventi rilevante ai fini del rischio, con un approccio trasversale in cui si possono rilevare dei trend e importante fattore di rilievo.  Ancora una volta si conferma come un’azienda inclusiva che pone attenzione alle persone “diverse” in questo caso di età, ma anche di genere o di provenienza, possa diventare una azienda più performante. Malgrado questa cresciuta consapevolezza, la “diversità di età” stenta ancora a diventare un elemento strategico nelle politiche, nell’ organizzazione e più in generale nella conduzione dell’ impresa.


Quando entra in vigore.

Il mini codice è entrato in vigore nel dicembre del 2021. Il Testo unico che all’ art. 28 parla di valutazione dei rischi (imponendo di valutare le differenze dell’ età), è in vigore dal 1° maggio del 2008.

Indicazioni operative

  1. Valorizzare la risorsa, nel mondo produttivo e delle peculiarità che l’esperienza e la professionalità può portare e non soltanto nella dimensione delle criticità.
  2. Valutazione ed eventuale rimodulazione degli orari e delle mansioni
  3. Attenta cura del benessere delle persone e migliore qualità della vita lavorativa, come fattore strategico.
  4. Politiche organizzative, formative, e retributive personalizzate
  5. Formazione e addestramento continui
  6. Valorizzare le capacità e le competenze dei lavoratori Aged e Aging, ricollocazione delle persone in mansioni più adatte all’età e all’esperienza maturata.
  7. Potenziare i percorsi di age management e  la capacità delle aziende stesse di gestire al proprio interno il tema dell’età.
  8. Compatibilità tra mansioni ed eventuali problemi di salute.