Il Ministero del lavoro e l’Anpal, con la circolare congiunta n. 3 del 29/08/2018, hanno reso noto che i cittadini stranieri richiedenti protezione internazionale non solo possono svolgere un’attività lavorativa, trascorsi 60 giorni dalla presentazione della relativa domanda, ma anche accedere alle altre misure di politica attiva del lavoro, quali a esempio i tirocini formativi.

La precisazione si è resa necessaria perché l’art.11 del D.Lgs. 150/2015 subordina l’accesso ai servizi e alle misure di politica attiva del lavoro da parte dei cittadini alla necessità che il soggetto disoccupato abbia la residenza in Italia.

I cittadini stranieri richiedenti protezione internazionale, generalmente sono ospitati presso un centro di accoglienza, per cui sono impossibilitati ad effettuare l’iscrizione anagrafica utile per poi iscriversi presso i Centri per l’impiego e fruire delle misure di politica attiva.

Secondo il Ministero del lavoro, per i richiedenti asilo, il centro o la struttura di accoglienza che li ospita rappresenta il luogo di dimora abituale ai fini dell’iscrizione anagrafica così come previsto dall’art.5, c. 3 del D.Lgs. 142/2015.

Poiché questa legge ha carattere speciale rispetto alla disposizione contenuta nel citato art. 11 del D.Lgs. 150/2015, è possibile ritenere che il requisito della residenza anagrafica, necessario per accedere ai servizi e alle misure di politica attiva, sia soddisfatto per i richiedenti protezione internazionale dal luogo di dimora abituale.

Questa interpretazione, secondo la circolare congiunta, appare coerente con la possibilità riconosciuta ai richiedenti asilo, di svolgere attività lavorativa decorsi 60 giorni dalla presentazione della relativa domanda.

Infine, il Ministero del lavoro richiama il messaggio INPS 3151/2017 con il quale veniva comunicato, sempre al fine di salvaguardare la citata categoria vulnerabile dei cittadini stranieri, che era stato aggiornato il software Uniemens per accogliere i flussi individuali trasmessi con codice fiscale numerico provvisorio. In questo modo i datori di lavoro possono trasmettere le denunce individuali direttamente con il codice fiscale numerico provvisorio assegnato ai richiedenti protezione internazionale.