ExtraUE: l’ANF spetta anche con il permesso di soggiorno unico di lavoro
A cura della redazione
La Corte di Giustizia UE, con la sentenza 21/06/2017 causa C-449/16, ha deciso che l’ANF deve essere riconosciuto non solo allo straniero titolare di un permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo, ma anche a coloro che sono in possesso del permesso unico di lavoro.
Nel caso esaminato dai giudici europei, una cittadina di un paese terzo, titolare di un permesso di soggiorno unico di lavoro della durata superiore a 6 mesi, si era vista negare il riconoscimento dell’ANF sul presupposto che era priva del permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo.
La cittadina straniera aveva impugnato il rifiuto dell’INPS davanti al Tribunale di Genova al fine di ottenere il pagamento dell’ANF sia per l’anno appena trascorso che per i successivi, sostenendo che tale rigetto era contrario all’art. 12 della Direttiva 2011/98 che disciplina la procedura unica di domanda per il rilascio di un permesso unico che consente ai cittadini di Paesi terzi di soggiornare e lavorare nel territorio di uno Stato membro e a un insieme comune di diritti per i lavoratori di paesi terzi che soggiornano regolarmente in uno Stato membro.
I giudici di merito però hanno respinto la domanda della lavoratrice sostenendo che le disposizioni del Regolamento 883/2004 relativo al coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale non comprendeva gli assegni alimentari tra le prestazioni a carico della collettività.
Di diverso avviso la Corte d’Appello di Genova secondo cui le norme contenute nella Legge 448/1998, non consentendo al cittadino di un paese terzo, titolare di un permesso unico, di ottenere l’ANF, si pongono in contrasto con il principio di parità di trattamento enunciato dal citato art. 12 della direttiva 2011/98. Secondo i giudici d’appello l’ANF è una prestazione in denaro destinata a compensare i carichi familiari che viene concessa alle famiglie che ne hanno particolarmente bisogno in considerazione del numero di figli minori e delle condizioni economiche. Pertanto tale prestazione è riconducibile tra quelle di cui al Regolamento 883/2004 con la precisazione che essa non costituisce un anticipo sull’assegno alimentare né sugli altri assegni menzionati.
La Corte d’appello ha così deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte di Giustizia UE le seguenti questioni pregiudiziali: l’ANF costituisce una prestazione familiare ai sensi del regolamento CE 883/2004? In caso di risposta positiva, la norma italiana sull’ANF che vieta il riconoscimento allo straniero titolare di un permesso unico per lavoro viola il principio di parità di trattamento sancito dall’art. 12 della direttiva 2011/98/UE?
Riguardo alla prima delle due questioni, è necessario verificare se l’ANF costituisce una prestazione di sicurezza sociale, riconducibile alle prestazioni familiari del regolamento 883/2004 oppure una prestazione di assistenza sociale, esclusa dall’ambito di applicazione di tale regolamento.
A tal proposito la Corte di Giustizia UE ricorda che la distinzione tra prestazioni escluse dall’ambito di applicazione del citato regolamento e prestazioni che vi rientrano è basata essenzialmente sugli elementi costitutivi di ciascuna prestazione ed in particolare sulle sue finalità e sui presupposti per la sua attribuzione e non sul fatto che essa sia oppure no qualificata come prestazione di sicurezza sociale da una normativa nazionale.
In particolare una prestazione può essere considerata come una prestazione di sicurezza sociale qualora sia attribuita ai beneficiari prescindendo da ogni violazione individuale e discrezionale delle loro esigenze personali, in base ad una situazione definita per legge e si riferisca a uno dei rischi espressamente elencati nel regolamento 883/2004.
Come già emerso in altre pronunce, il fatto che una prestazione sia concessa o negata in considerazione dei redditi e del numero di figli non implica che la sua concessione dipenda da una valutazione individuale delle esigenze personali del richiedente, caratteristica tipica dell’assistenza sociale. Così, prestazioni attribuite automaticamente alle famiglie che rispondo a determinati criteri obiettivi, riguardanti segnatamente le loro dimensioni, il loro reddito e le loro risorse di capitale, prescindendo da ogni valutazione individuale e discrezionale delle esigenze personali e destinate a compensare i carichi di famiglia, devono essere considerate prestazioni di sicurezza sociale.
Ciò premesso secondo la Corte di Giustizia UE l’espressione prestazione familiare contenuta nel regolamento 883/2004 indica tutte le prestazioni in natura o in denaro destinate a compensare i carichi di famiglia, ad esclusione degli anticipi sugli assegni alimentari e degli assegni speciali di nascita o di adozione menzionati nel regolamento citato.
Inoltre l’espressione compensare i carichi familiari deve essere interpretata nel senso che essa fa riferimento a un contributo pubblico al bilancio familiare, destinato ad alleviare gli oneri derivanti dal mantenimento dei figli.
Pertanto secondo la sentenza l’ANF costituisce una prestazione di sicurezza sociale rientrante nelle prestazioni familiari di cui al regolamento 883/2004.
Riguardo alla seconda questione, i giudici ritengono che il principio di parità di trattamento trovi applicazione anche nei confronti di un cittadino titolare di un permesso unico dato che detto titolo di soggiorno consente allo straniero di soggiornare regolarmente ai fini lavorativi nel territorio dello Stato membro che lo ha rilasciato.
Tuttavia la direttiva 2011/98 riconosce agli Stati membri di limitare i diritti conferiti dal citato art. 12 ai lavoratori, eccezion fatta per quelli che svolgono o hanno svolto un’attività lavorativa per un periodo minimo di sei mesi e sono disoccupati. Inoltre viene previsto che i sussidi familiari non trovino applicazione ai cittadini di paesi terzi che sono stati autorizzati a lavorare nel territorio dello Stato membro per un periodo non superiore a 6 mesi, nonché agli stranieri che sono stati ammessi in tale territorio a scopo di studio o ai cittadini cui è ivi consentivo lavorare in forza di un visto.
In sostanza la citata direttiva prevede in via generale un diritto di parità di trattamento, ma nel contempo elenca le deroghe a tale diritto che gli Stati membri possono istituire.
In conclusione le disposizioni della normativa italiana che limitano il beneficio dell’ANF ai titolari di un permesso di soggiorno di lungo periodo e alle famiglie dei cittadini UE non possono essere considerate istitutive delle limitazioni al diritto alla parità di trattamento che gli Stati membri hanno la facoltà di introdurre.
Ne consegue che il cittadino di un paese terzo titolare di un permesso unico (che ha una durata superiore a 6 mesi) non può essere escluso dall’ANF.
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