ExtraUE: illegittimo il contributo per il rilascio e il rinnovo del permesso di soggiorno
A cura della redazione
Il Consiglio di Stato, con sentenza 26/10/2016 n. 4487, ha definitivamente confermato la decisione del TAR del Lazio del 24 maggio u.s., che aveva accolto il ricorso contro il DM 6/10/2011 che impone ai cittadini extracomunitari, che chiedono il rilascio o il rinnovo del n permesso di soggiorno, di pagare un contributo di importo da 80,00 a 200,00 euro.
La sentenza evidenzia come il TAR del Lazio avesse correttamente ritenuto che i contributi richiesti dalla legislazione italiana, anche quello di più basso importo (€ 80,00) per il conseguimento del permesso di più breve durata, fossero sproporzionati rispetto alla finalità perseguita dalla direttiva n. 2003/109/CE. Tali contributi sarebbero infatti talmente alti da essere idonei a creare un ostacolo o, se si vuole, un "percorso ad ostacoli", nel quinquennio richiesto, all'esercizio dei diritti conferiti dalla direttiva allo straniero intenzionato a stabilizzarsi.
Questa sproporzione è ancora più evidente se si prende a riferimento il costo per il rilascio della carta d'identità, che in Italia ammonta attualmente a circa 10 euro. Somma questa otto volte inferiore a quella prevista per il rilascio del permesso di soggiorno di minor durata.
In definitiva, osservano i giudici, la normativa interna è illegittima, non solo perché fa pagare troppo a chi richiede un permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo, ma anche perché facendo pagare tanto ad ogni rinnovo chi ha un altro tipo di permesso, rende più difficile il cammino per arrivare un giorno al titolo di soggiorno di più lunga durata.
Più precisamente, quando la Corte di Giustizia dell'Unione europea, come in questo caso, dichiara l'incompatibilità del diritto nazionale con la normativa comunitaria, il giudice interno e, in particolar modo, il Consiglio di Stato quale giudice di ultima istanza ai sensi dell'art. 267, par. 3, TFUE, è tenuto a disapplicare o, meglio, a non applicare il diritto dello Stato giudicato dalla Corte contrastante con i Trattati e la legislazione europea;
Nel caso di specie quindi, ad avviso dei giudici, deve essere disapplicata, per effetto della sentenza della Corte di Giustizia dell'Unione europea del 2 settembre 2015, in C-309/14, la disposizione dell'art. comma 2-ter dell'art. 5 del d. lgs. n. 286 del 1998, nella misura in cui fissa gli importi dei contributi richiesti per tutti i permessi di soggiorno da un minimo di € 80,00 ad un massimo di € 200,00, in quanto costituenti nel loro complesso un ostacolo, per il loro importo eccessivamente elevato, ai diritti conferiti ai cittadini stranieri richiedenti i permessi UE di lungo soggiorno, con conseguente illegittimità del D.M. impugnato, nelle parti già annullate dal T.A.R.
In ottemperanza della presente decisione le Amministrazioni competenti dovranno quindi rideterminare l'importo dei contributi, nell'esercizio della loro discrezionalità, in modo tale che la loro equilibrata e proporzionale riparametrazione non costituisca un ostacolo all'esercizio dei diritti riconosciuti dalla direttiva n. 2003/109/CE.
Il Ministero dell'Interno, nella stessa giornata del 26 ottobre 2016, con la circolare n. 43699, ha avvisato quindi le questure che gli stranieri interessati al rilascio ed al rinnovo del permesso di soggiorno, non dovranno più versare gli importi previsti dall'art. 5, comma 2 ter del TUI, fermo restando l'obbligo di corrispondere il costo per il permesso di soggiorno elettronico (€ 30, 46). La circolare aggiunge che tutte le istanze (comprese quelle giacenti in fase istruttoria o in attesa di consegna del titolo) dovranno essere portate a compimento prive del citato contributo.
Riproduzione riservata ©