L’Agenzia europea per la salute e sicurezza sul lavoro (EU-OSHA) ha reso pubblici i primi risultati della quarta indagine sui rischi nuovi ed emergenti (ESENER 2024), condotta ogni 5 anni, che ha coinvolto più di 41000 imprese in 30 paesi del continente. Il questionario si focalizza sulla gestione dei rischi psicosociali nelle organizzazioni.

Cosa tratta

L’indagine dell’EU-OSHA si pone l’obiettivo di individuare le aree di rischio emergenti, dove convergere le energie delle imprese, ma anche di governi ed istituzioni, per studiarne le cause e le possibili misure.

L’ESENER è incentrato su quattro aree tematiche:

  • rischi generali per la sicurezza e la salute sul lavoro e loro gestione;
  • rischi psicosociali emergenti, quali stress lavoro-correlato, violenze e abusi;
  • incentivi e ostacoli alla gestione della SSL;
  • partecipazione dei lavoratori alle prassi in materia di sicurezza e salute.

Le imprese coinvolte sono rappresentative di tutti i settori e hanno dimensioni variabili.

Nel questionario del 2024, rispetto ai precedenti, sono state incluse domande relative alla gestione della pandemia da Covid-19, mentre per il resto si è mantenuta una struttura comparabile con gli anni precedenti.

I risultati principali

In attesa che escano i risultati completi analizzati nel dettaglio, su cui l’Agenzia europea realizzerà pubblicazioni a partire dal 2026, vengono riportate le evidenze macroscopiche emerse dalla prima lettura dei questionari.

Vediamo i dati rilevanti.

  • Come atteso, dal 2009 il numero di persone che lavora regolarmente da casa, con vari regimi contrattuali, è raddoppiato, raggiungendo il 23% di lavoratori nel 2024. Il settore dell’informazione e della comunicazione presenta la quota più alta (53%).
  • Come diretta conseguenza del punto sopra, sempre più imprese riportano i rischi legati al lavoro da casa nella loro valutazione, anche se i numeri sono decisamente bassi (8% degli intervistati), rispetto al numero effettivo di organizzazione che ricorre a questo tipo di regime.
  • Il controllo e la gestione dei rischi negli ambienti domestici rimangono quindi bassi, come dimostrano anche i numeri sulle imprese che consultano i lavoratori relativamente alle pratiche da seguire nel lavoro da remoto.
  • Un dato preoccupante è il basso numero di organizzazioni che inserisce i rischi psicosociali all’interno delle loro valutazioni, mettendo in evidenza quanto questi siano sottovalutati. Solo il 3% delle imprese non ha valutato almeno uno dei fattori di rischio cosiddetti generali all’interno dell’indagine, ma circa un quarto, invece, ha risposto di non prendere in considerazione i rischi psicosociali riportati nel questionario, fra cui ciò che è legato alla digitalizzazione. Proprio l’Italia è il Paese con la percentuale più alta (47%) di imprese che non inseriscono nella valutazione dei rischi i fattori psicosociali. Si evidenzia inoltre un rapporto proporzionale fra dimensione dell’azienda e valutazione di questi fattori di rischio.

I fattori di rischio risultanti come più diffusi nelle organizzazioni coinvolte sono:

  1. posizione seduta prolungata, in aumento rispetto alla precedente indagine;
  2. movimenti ripetitivi;
  3. gestione degli avventori (clienti, pazienti, etc.);
  4. movimentazione di carichi;
  5. rischi da uso di macchinari, attrezzature ed utensili.

Conclusioni

In generale, le imprese europee appaiono consapevoli della maggior parte dei rischi presenti sul luogo di lavoro, ma quando parliamo di rischi psicosociali ancora c’è molto da fare, soprattutto nel nostro Paese. Nonostante con l’evoluzione organizzativa del lavoro e l’introduzione di nuove tecnologie stress, rischio di aggressioni e altri fattori appaiano in crescita, questi non sono ancora presi sufficientemente in considerazione e di conseguenza contrastati.