Escluso il reato di indebita compensazione in caso di omissione contributiva
A cura della redazione
La Corte di Cassazione, con la sentenza 13/09/2019 n.38042, ha deciso che deve essere esclusa la sussistenza dell’intento fraudolento quando l’omesso versamento riguarda contributi previdenziali e non le imposte sul reddito e/o sul valore aggiunto.
Nel caso in esame il Tribunale ha accolto la richiesta di riesame avanzata dalla difesa ritenendo che non potesse configurarsi il reato previsto e punito dall’art. 10 quater D.Lvo 74/2000 in riferimento all’omesso versamento di contributi previdenziali.
Avverso l’ordinanza emessa dai giudici del riesame interponeva ricorso per Cassazione il Procuratore della Repubblica censurando la violazione di legge in ordine all’annullamento del sequestro preventivo disposto sulla rilevata insussistenza di condotte penalmente rilevanti sussumibili nella norma incriminatrice di cui all’art 10-quater d.lgs. 74/2000, integranti il delitto di indebita compensazione di somme.
I giudici di legittimità hanno rigettato il ricorso confermando la tesi del Collegio cautelare di merito relativa all’estraneità degli adempimenti relativi al versamento dei contributi assistenziali e previdenziali, alla categorie delle imposte di cui all’art 17 d.lgs 231/1992 escludendo il fumus del reato in provvisoria contestazione.
In particolare secondo la Suprema Corte la ricostruzione fatta propria dal ricorso del Pubblico ministero afferma la configurabilità, negata invece dal provvedimento impugnato, del delitto di cui all’art. 10-quater d.lgs. n. 74 del 2000 in tutti i casi in cui l’indebita compensazione determini il mancato versamento di somme dovute, non solo a titolo di imposte sui redditi o sul valore aggiunto, ma anche agli altri titoli elencati ai fini della compensazione dall’art. 17 d. Igs. n. 241 del 1997, fra cui figurano gli obblighi di pagamento per contributi previdenziali e assistenziali in materia di imposte dirette e sul valore aggiunto.
Secondo le previgenti pronunce la norma fa chiaro riferimento, tramite il richiamo dell’art. 17 d. Igs. n. 241 del 1997, a tutte le ipotesi di compensazione (tributarie e non) ivi contemplate e altrettanto indistintamente alle «somme dovute» (Sez. 3, n. 15236 del 16/01/2015, Rv. 263051; Sez. 3, n. 42462 del 11/11/2010, Rv. 248754; Sez. 2, n. 35968 del 20/05/2009, Rv. 245586).
Non può, tuttavia, affermarsi che la sentenza Corte Cost. n. 35 del 2018, nel richiamare il suddetto orientamento di legittimità, si sia spinta oltre la sua mera descrizione, allorquando ha evidenziato che la giurisprudenza prevalente è, peraltro, dell’avviso che il censurato art. 10-quater del d.lgs. n. 74 del 2000, in ragione del suo tenore letterale, si presti a reprimere l’omesso versamento di somme attinenti a tutti i debiti – sia tributari, sia di altra natura -per il cui pagamento deve essere utilizzato il modello di versamento unitario (Corte di cassazione, sezione terza penale, sentenza 21-gennaio – 4 febbraio 2015, n. 5177; sezione seconda penale, 20 maggio – 16 settembre 2009, n. 35968): ciò, ancorché la disposizione risulti inserita in un testo normativo – il d. Lgs. n. 74 del 2000 – che, come emerge anche dal suo titolo, è posto per il resto a presidio unicamente delle imposte dirette e dell’IVA.
Se così fosse, risponderebbe del delitto in esame non solo – come è pacifico – chi ometta di versare imposte dirette o l’IVA utilizzando in compensazione crediti concernenti altre imposte (anche regionali) o crediti di natura previdenziale, ma anche chi si avvalga di analogo artificio per evitare di corrispondere tali ultime imposte ovvero contributi dovuti a enti di previdenza.
Sennonché, continua la sentenza, proprio tale struttura asimmetrica assevera l’impostazione alla base della tesi recepita dalla decisione impugnata: si ha un indistinto riferimento all’art. 17 d. Igs. n. 241 del 1997 in virtù della considerazione di tutti i crediti ivi contemplati in quanto idonei alla compensazione, mentre l’indebito risultato della condotta fraudolenta, ossia l’omesso versamento delle somme dovute, riguarda solamente le imposte sui redditi e sul valore aggiunto e non già, in assenza di pertinenti specificazioni, inadempimenti di altro genere dei quali l’intero testo normativo non si occupa.
Questa lettura non è semplicemente coerente con la collocazione della fattispecie all’interno di un decreto legislativo, che disciplina i reati in materia di imposte sui redditi e sul valore aggiunto, ma appare la sola in linea, sul piano sistematico, con le «Disposizioni comuni» contenute nel Titolo III, che, quando specificano gli importi dovuti così come presi in considerazione dalle previsioni incriminatrici, si confrontano unicamente con debiti tributari e imposte evase.
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