Emersione ExtraUE: può essere ripresentata la domanda erroneamente inoltrata all’INPS
A cura della redazione
Il Ministero dell’interno, con la circolare 17/11/2020 prot. N. 4623, è ritornato sull’emersione dei rapporti di lavoro prevista dall’art.103 del D.L. 34/2020 (L. 77/2020) e attuata dal Decreto interministeriale 27/05/2020, per fornire alcuni chiarimenti e istruzioni operative, tra cui che in caso di errore nell’invio dell’istanza è ancora possibile presentare la domanda di regolarizzazione.
Più precisamente i datori di lavoro che hanno versato il contributo forfettario di 500 euro, ma non hanno inoltrato l’istanza di emersione di un lavoratore straniero extracomunitario oppure l’hanno inviata erroneamente all’INPS anziché allo Sportello Unico per l’immigrazione (all’Istituto previdenziale infatti andavano inviate solo le istanze di emersione per i lavoratori italiani e per quelli comunitari) possono ancora aderire alla regolarizzazione inoltrando telematicamente la domanda EM-DOM_2020 (oppure EM-SUB_2020), a partire dalle ore 9.00 del 25 novembre 2020 e fino alle ore 20.00 del 31 dicembre p.v., previo inserimento dei dati presenti nel mod. F24 con il quale si è provveduto al pagamento del citato contributo.
L’invio potrà essere effettuato direttamente oppure avvalendosi di patronati, CAF, consulenti del lavoro o altri professionisti abilitati.
Una delle condizioni richieste dal Decreto Rilancio per l’accoglimento della domanda di emersione, è che il lavoratore straniero provi la sua presenza sul territorio italiano in data anteriore all’8 marzo 2020, mediante idonea documentazione rilasciata dagli organismi pubblici (es: certificazione medica). A tal proposito il Ministero dell’interno richiede che lo straniero presenti la documentazione atta a dimostrare la sua presenza in Italia anche in data più recente e non solo a marzo 2020 (o anteriore). In sostanza viene richiesto che lo straniero riesca a dimostrare di essere sempre stato presente sul territorio italiano.
Altra condizione richiesta per l’emersione dei rapporti di lavoro irregolari è che il datore di lavoro risulti in possesso di un reddito non inferiore a 20.000 euro annui, se trattasi di un solo soggetto (unico percettore di reddito).
L’importo che deve essere posseduto sale a 27.000 euro annui, invece, se il nucleo familiare, inteso come famiglia anagrafica, è comporto da più soggetti conviventi, anche se il datore di lavoro è l’unico percettore di reddito. In questo caso al raggiungimento del requisito economico possono concorrere anche altri soggetti del nucleo familiare. Il coniuge ed i parenti entro il secondo grado (es: i nonni) possono integrare il reddito del datore di lavoro anche se non sono conviventi.
Riguardo al lavoro domestico, si precisa che il requisito dei 27.000 euro può essere soddisfatto (per intero) anche da un altro componente della famiglia del datore di lavoro, se quest’ultimo non percepisce reddito.
Il T.U. per l’immigrazione (art. 5) richiede che il datore di lavoro, nel contratto di soggiorno sottoscritto presso lo Sportello Unico per l’immigrazione, si impegni a garantire che lo straniero dimorerà in un alloggio che rientri nei parametri minimi richiesti dalla Legge per gli alloggi di edilizia residenziale pubblica. Questo requisito è richiesto anche per la procedura di emersione dal lavoro irregolare del D.L. 34/2020.
Se per motivi di salute il datore di lavoro non può presentarsi dinnanzi allo Sportello Unico per l’immigrazione può delegare alla sottoscrizione del contratto di soggiorno il coniuge, oppure in sua assenza, i figli o, in mancanza di questi, il parente in linea retta o collaterale fino al terzo grado (quindi ad esempio il bisnonno o il bisnipote oppure gli zii).
Se il rapporto di lavoro per il quale è stata avviata la procedura di emersione si interrompe, prima della sua conclusione, per un qualsiasi motivo diverso dalla forza maggiore. il datore di lavoro è tenuto a darne comunicazione allo Sportello Unico per l’immigrazione affinchè quest’ultimo valuti se sussistano le condizioni per rilasciare allo straniero il permesso di soggiorno per attesa occupazione.
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