La Fondazione Studi dei Consulenti del lavoro con il parere 6/08/2014 n.2, ha risposto ad un quesito che chiedeva delucidazioni in merito alla possibilità, per un’azienda con 5 dipendenti, di assumere due lavoratori a termine part time al 50% in luogo di un lavoratore a tempo pieno. 

Il problema nasce dal fatto che il DL 34/2014 (L. 78/2014) nel modificare la disciplina contenuta nel DLgs 368/2001 si è limitato a stabilire che il numero complessivo dei contratti a tempo determinato stipulati da ciascun lavoratore non può eccedere il limite del 20% del numero dei lavoratori a tempo indeterminato in forza al 1° gennaio dell’anno di assunzione.

Pertanto nel caso in cui il datore di lavoro abbia in forza 5 dipendenti ed intenda procedere ad una nuova assunzione, non vi sono dubbi che possa instaurare un rapporto a termine full time. Ma se intende assumere lavoratori part time (ad esempio al 50%), la nuova assunzione esaurisce comunque il plafond che l’azienda ha a disposizione oppure la quota può essere coperta con due unità?

Il Ministero del lavoro, con la circolare 18/2014, fornendo alcuni chiarimenti sulle novità introdotte dal Decreto Poletti, si è soffermato anche sulla predetta questione, ma ha semplicemente ricordato che per la determinazione della base di computo inerente i lavoratori a tempo indeterminato in forza presso il datore di lavoro, i lavoratori part time si computano secondo la disciplina di cui all’art. 6 del DLgs 61/2000.

Il silenzio del legislatore, induce i consulenti del lavoro a ritenere applicabile a 360 gradi la disciplina speciale contenuta nell’art. 6 del DLgs 61/2000, al fine di evitare una generale discriminazione dei rapporti a tempo parziale rispetto a quelli a tempo pieno.

Ne consegue che applicare i due citati criteri ai lavoratori part time (computarli in proporzione ai fini della determinazione della base di computo su cui applicare il limite del 20% e come unità intera in caso di assunzione con contratto a termine) sicuramente determina un’evidente discriminazione che induce il datore di lavoro ad assumere solo con contratto a tempo pieno, dato che il ricorso al tempo parziale rischierebbe di esaurire, o comunque limitare, il già ridotto plafond a disposizione dell’azienda.

A questo si aggiunga anche il fatto che verrebbero penalizzati sul piano occupazionale tutti i soggetti più sensibili del mercato del lavoro; prime tra tutte le lavoratrici madri che devono conciliare i tempi di lavoro con quelli per la cura dei figli.

Per questi motivi, i consulenti del lavoro ritengono che i lavoratori part-time debbano essere computati pro-quota sia nella base di calcolo del limite, sia con riferimento al numero dei lavoratori che compongono il 20%.

Spetterà comunque agli Ispettori del lavoro il compito di accertare la liceità di questo comportamento datoriale.