Disabili: illegittimo il licenziamento se l’inidoneità alla mansione è accertata dal medico competente
A cura della redazione
La Corte di Cassazione, con la sentenza 28/04/2017 n.10576, ha deciso che il datore di lavoro può risolvere il rapporto di lavoro con i disabili obbligatoriamente assunti ex lege 68/1999, nel caso di aggravamento delle condizioni di salute o di significative variazioni dell’organizzazione del lavoro, solo se la speciale commissione integrata accerti la definitiva impossibilità di reinserire il disabile all’interno dell’azienda, anche attuando i possibili adattamenti dell’organizzazione del lavoro.
Non è invece possibile recedere dal rapporto di lavoro sulla base del semplice giudizio di non idoneità alla mansione specifica espresso dal medico competente nell’esercizio della sorveglianza sanitaria ai sensi del D.lgs. 81/2008.
Nel caso esaminato dalla Suprema Corte, un invalido civile era stato licenziato dopo che il medico competente dell’azienda aveva accertato la sua inidoneità a svolgere le mansioni di addetto ai servizi generali.
Il lavoratore aveva impugnato il licenziamento, ma nei primi due gradi di giudizio è risultato soccombente, poiché i giudici di merito aditi hanno considerato irrilevante che il giudizio di idoneità venga effettuato dal medico competente ex lege 81/2008 piuttosto che dall’apposita commissione medica di cui alla Legge 68/1999.
Di diverso avviso la Corte di Cassazione che ha richiamato un principio già espresso con la sentenza 10347/2002 relativo alla previgente Legge 482/1968 (poi sostituita dalla Legge 68/1999) secondo cui il licenziamento dell’invalido assunto in base alla normativa sul collocamento obbligatorio segue la generale disciplina normativa e contrattuale solo quando è motivato dalle comuni ipotesi di giusta causa e giustificato motivo, mentre quando è determinato dall’aggravamento dell’infermità che ha dato luogo al collocamento obbligatorio, è legittimo solo in presenza delle condizioni previste dalla Legge 482/1968, ossia la perdita totale della capacità lavorativa o la situazione di pericolo per la salute e l’incolumità degli altri lavoratori o per la sicurezza degli impianti, accertati dall’apposita commissione medica.
Questo principio può essere applicato anche nella vigenza della Legge 68/1999 che recepisce la previgente disposizione normativa (Cass. 14284/2014).
Pertanto qualora la commissione riscontri una condizione di incompatibilità con la prosecuzione dell’attività lavorativa, il disabile ha diritto alla sospensione non retribuita del rapporto di lavoro fino a che l’incompatibilità persista e durante tale periodo può essere impiegato in tirocinio formativo.
Il periodo necessario per l’accertamento non costituisce causa di sospensione del rapporto di lavoro. Infine, il rapporto di lavoro può essere risolto soltanto nel caso in cui, anche attuando i possibili adattamenti dell’organizzazione del lavoro, la predetta commissione accerti la definitiva impossibilità di reinserire il disabile all’interno dell’azienda.
La Corte di Cassazione ha anche evidenziato che la Legge 68/1999, avendo come finalità quella di tutelare i soggetti con disabilità, ha carattere speciale rispetto alla generica Legge 81/2008 sulla sicurezza, con la conseguenza che quest’ultima non può prevalere sulla prima.
Sui problemi di coordinamento tra le due discipline, da un lato quella che regolamenta la sicurezza sui luoghi di lavoro e dall’altro lato quella che tutela l’occupazione dei portatori di handicap, era già intervenuta anche la Corte Costituzionale con la sentenza 354/1997, prendendo in esame la Legge 626/1994 e la Legge 482/1968, con la quale ha ritenuto che, nella parte in cui dette discipline sembravano sovrapporsi, le stesse possono coesistere, nel senso che dopo l’eventuale valutazione di idoneità da parte del medico competente per la sorveglianza sanitaria, può demandarsi l’accertamento sanitario al collegio medico sulle assunzioni obbligatorie in considerazione del carattere speciale di detta normativa. Inoltre, di fronte a due valutazioni mediche confliggenti, proprio al fine di non vanificare l’atto di avviamento obbligatorio al lavoro, costituzionalmente tutelato dagli artt. 35 e 38 Cost., ha prevalenza il parere del collegio medico.
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