Decreto Dignità: rivista la disciplina per contratto a termine, somministrazione e licenziamenti
A cura della redazione
Il decreto legge approvato dal Consiglio dei Ministri del 2 luglio 2018, meglio noto come Decreto Dignità, prevede che fatta salva la possibilità di stipulare liberamente il primo contratto a termine che non può superare i 12 mesi, l’eventuale rinnovo dovrà rispondere ad una delle causali specificamente previste.
In particolare, la durata del contratto fino a 24 mesi è possibile a fronte di esigenze: temporanee ed oggettive, estranee all’ordinaria attività del datore di lavoro, nonché sostitutive; connesse ad incrementi temporanei, significativi e non programmabili dell’attività ordinaria; relative a lavorazioni e a picchi di attività stagionali, individuati con decreto del Ministero del lavoro.
Inoltre viene previsto, salvi i rapporti di lavoro di durata non superiore a 12 giorni, che il contratto debba essere stipulato per iscritto, pena la sua riconducibilità a un rapporto di lavoro a tempo indeterminato.
Una copia del contratto dovrà essere consegnata al lavoratore entro 5 giorni lavorativi dall’inizio della prestazione.
Aumenta invece da 120 a 180 giorni il termine entro il quale sarà possibile impugnare il contratto.
Scendono da 5 a 4 le proroghe possibili nell’arco dei 24 mesi.
Le nuove disposizioni trovano applicazione per i contratti di lavoro a termine di nuova sottoscrizione, e nei casi di rinnovo a tempo determinato ai contratti in corso alla data di entrata in vigore del decreto legge.
Il provvedimento estende la disciplina del contratto a termine al rapporto di lavoro tra somministratore e utilizzatore (incluso quindi il rispetto delle causali in caso di rinnovo).
Al fine di disincentivare i datori di lavoro ad abusare dei contratti a termine, si prevede l’aumento dello 0,5% del contributo addizionale (fino ad oggi pari all’1,4%) per finanziare la Naspi, a carico datore di lavoro, in occasione di ciascun rinnovo del contratto a tempo determinato, anche in somministrazione.
L’art. 4 invece stabilisce che in caso di delocalizzazione dell’attività economica o di un’attività analoga o di una loro parte per la quale sono stati concessi aiuti di Stato, l’impresa beneficiaria decade dal beneficio connesso, se effettuata entro 5 anni. Inoltre nei suoi confronti trovano applicazione le sanzioni pecuniarie di importo da due a quattro volte quello del beneficio fruito.
Sempre riguardo alle imprese che hanno fruito degli aiuti di Stato, si prevede che non debbano ridurre i livelli occupazionali degli addetti dell’unità produttiva o dell’attività interessata dall’aiuto nei 5 anni successivi alla data di conclusione dell’iniziativa.
Nella bozza del decreto legge è presente anche l'annunciata modifica sui licenziamenti. In particolare, è stata aggiunta una disposizione, in base alla quale, in caso di recesso illegittimo, l’indennizzo massimo potrà arrivare a 36 mensilità, contro le attuali 24; mentre l'indennizzo minimo dovrebbe salire da 4 a 6 mensilità.
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