Il datore di lavoro controlla periodicamente la validità del green pass anche dopo la consegna del cartaceo
A cura della redazione
Il Garante per la protezione dei dati personali, con un comunicato stampa del 14 dicembre 2021, ha espresso parere favorevole sullo schema del DPCM che aggiorna le disposizioni relative alle certificazioni verdi e agli obblighi vaccinali per alcune categorie di lavoratori.
Più precisamente lo schema del decreto prevede la revoca del green pass nel caso in cui il titolare contragga il virus Covid-19, tramite una procedura che prevede anche che l’interessato venga informato, utilizzando i dati di contatto dallo stesso forniti. A questo tipo di procedura se ne aggiunge una specifica relativa ai “green pass” rilasciati o ottenuti in maniera fraudolenta.
Nello schema viene previsto inoltre che i verificatori, ossia coloro che sono tenuti alla verifica del possesso delle certificazioni verdi, vengano specificamente istruiti sulla possibilità di utilizzare la modalità “rafforzata” solo ed esclusivamente nei casi in cui lo richieda la legislazione vigente.
Se il lavoratore consegna la certificazione verde al datore di lavoro, quest’ultimo è comunque tenuto a effettuare il regolare controllo sulla perdurante validità, mediante lettura del QR code della copia in suo possesso attraverso l’app VerificaC19 o mediante le previste modalità automatizzate.
Riguardo ai professionisti del settore sanitario che non intendono sottoporsi al vaccino, viene previsto che nell’albo professionale sia annotata la semplice sospensione dall’attività senza ulteriori specificazioni dalle quali è possibile desumere il mancato rispetto dell’obbligo vaccinale.
In merito ai numerosi green pass non genuini diffusi on line, si prevede, quale ulteriore misura di garanzia, che all’atto del rilascio del green pass da parte degli operatori sanitari, vengano registrate altre informazioni aggiuntive quali: l’identificativo dell’operazione; il codice fiscale o l’identificativo del soggetto che ha eseguito l’operazione; la modalità di autenticazione dell’operatore sanitario; il codice fiscale o i dati anagrafici dell’interessato; l’identificativo univoco del certificato (UVCI) della certificazione; la data e l’ora dell’operazione.
Infine, il Garante della Privacy ha comunque chiesto al Ministero della salute alcune integrazioni per rendere evidente all’interessato la modalità di verifica utilizzata dal verificatore, introducendo, all’interno dell’app VerificaC19, elementi testuali, grafici e visivi per le due modalità di verifica (“base” o “rafforzata”).
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